Prendete quattro eccellenze dell’agroalimentare italiano – Selenella, Marlene, Parmareggio e Prosecco Doc – mettetele attorno a un tavolo (o dentro un webinar) e sentirete scorrere le idee. Idee e concetti che – dentro e fuori il mondo ortofrutticolo – possono fare la differenza.
Già, perché quando si mettono a confronto i mondi dell’agroalimentare (food, ortofrutta, vini e bevande) le differenze sono evidenti. Ma, spesso, ci si ferma ad elencarle. Ieri al webinar “Modelli di business a confronto – Esempi ed eccellenze dell’agroalimentare italiano“, organizzato da myfruit.it grazie all’input del Consorzio patata italiana di qualità, l’obiettivo era cercare di imparare tutti qualcosa di nuovo.
Una questione di identità (di marca)
Come ha spiegato Luca Giavi, direttore Consorzio di tutela della Doc Prosecco e, prima, direttore del Consorzio Radicchio Rosso di Treviso Igp e Radicchio variegato di Castelfranco Igp, le differenze sono tante: “A iniziare dalla conservabilità del prodotto. Ma la vera differenza è l’identità di marca. Il radicchio, nonostante la denominazione d’origine, è un prodotto unbranding; mai comprato un radicchio rosso di Treviso di un determinato marchio. Quindi è come fosse senza garanzie. Un problema tipico dell’ortofrutta, ma superabile con produzioni con un buon valore aggiunto. Vedi esempio della mela con il bollino. Con il vino, però, viene più facile e si riesce a trasferire il valore al consumatore”. Questa la leva che caratterizza più il vino. E poi il suggerimento: “Affiancare denominazione d’origine e marchio privato“.
Però la marca va creata
“Da operatori del Parmigiano ad azienda alimentare di marca basata sul Parmigiano, ma in grado di stare in piedi in qualsiasi situazione di mercato”. Ecco come Matteo Ghidi, responsabile marketing di Caseifici Granterre, in una intervista pre-registrata ha spiegato il progetto Parmareggio: “Una storia nata 18 anni fa quando, nel 2005, si decise di costruire una marca nel mercato del Parmigiano Reggiano cercando di uscire dalla ciclicità delle quotazioni (“un’anno andava bene e i tre-quattro successivi magari no“). Cercare sicurezza, quindi, investendo sulla marca. E nel 2023 Parmareggio è riconosciuto dall’83% degli italiani”.
Punto di partenza, l’analisi approfondita dei bisogni del consumatore. “Il Parmigiano aveva grande valore ma mancavano informazioni quali l’origine, il gusto e la stagionatura – ha ricordato Ghidi – Il consumatore non riconosceva il prodotto. Il Parmigiano Reggiano era dunque un segmento da valorizzare. Marca e gamma, insieme a confezioni con maggior contenuto di servizio, sono stati elementi fondamentali per costruire questo successo”.
Il modello Marlene
Per Walter Pardatscher, direttore generale Vog, essere sui mercati oggi significa “avere un’organizzazione in grado di reagire in modo immediato ai cambiamenti, ed è quello che abbiamo costruito in questi anni. I mercati ci hanno dato ragione e siamo riusciti ad affrontare annate difficili riuscendo a piazzare le nostre mele, mantenendo gli obiettivi prefissati. Sono sfide ancora aperte, ma siamo determinati a essere sempre più competitivi e alzare il livello del servizio”.
“Anche la presenza in 75 mercati è un punto di forza non casuale – ha precisato Pardatscher – Il lavoro insieme ai nostri coltivatori per rinnovare la nostra offerta varietale e avere un ampio assortimento con un’elevata disponibilità ci ha portato proposte adatte a mercati diversi, come i paesi asiatici o l’America Latina”.
“Con oltre 75 anni di attività, uno dei maggiori raccolti europei (circa 500mila tonnellate, ndr) e una lunghissima esperienza su mercati internazionali, possiamo dire di conoscere il mondo della mela come pochi altri. Per questo, in ogni fase della filiera, possiamo contare su un know-how unico. Una filiera controllata e organizzata, che porta sui punti di vendita le nostre mele con efficienza, sicurezza e qualità“.
“La nostra distintività nasce dai valori che vengono riportati nella nostra vision Home of apples: origine, expertise, sostenibilità, prodotti e brand. Il nostro modello integra la produzione, la ricerca e sviluppo, il magazzinaggio, la lavorazione e la commercializzazione: tutti questi aspetti sono controllati direttamente da Vog per offrire la massima efficienza e velocità. Ma il concetto di Home of apples va oltre, e include anche il mercato, i nostri clienti e i partner e il consumatore finale nell’ottica di creare il massimo valore per tutti gli anelli della filiera. Il lavoro a quattro mani con i nostri clienti è fondamentale per raggiungere il nostro obiettivo: migliorare continuamente il nostro assortimento per soddisfare il mercato e i consumatori. Perché le nostre mele devono essere ambasciatrici del nostro territorio nel mondo“.
Il caso Selenella
L’Italia ha una produzione di 1,35 milioni di tonnellate di patate contro un fabbisogno di 2 milioni. Il differenziale negativo è importato da Francia, Olanda, Germania e Belgio e, per le precoci, da Egitto, Israele, Marocco e Tunisia.
“Ottimizzando le performance della nostra filiera – ha osservato Massimo Cristiani (presidente Consorzio Patata italiana di qualità che gestisce il brand Selenella) – possiamo fare la differenza e colmare questo dato della nostra bilancia commerciale. Oggi il Consorzio Selenella riunisce 10 soci, cui fanno capo 320 produttori distribuiti sul territorio italiano, e rappresenta l’intera filiera pataticola, dalla produzione alla commercializzazione. Una rete attiva e di collaborazione che contribuisce a dare maggiore potere contrattuale agli operatori aderenti, ma anche migliorare la qualità delle produzioni e difendersi attraverso la stipula di contratti quadro”.
“La forza del nostro gruppo – ha continuato Cristiani – sta proprio in questo sistema aggregativo organizzato che consente ai soggetti aderenti di unire forze e risorse per creare valore e competere in modo più efficace sul mercato globale. Oltre alla parte produttiva e agronomica, Selenella promuove la commercializzazione del prodotto. Le strategie commerciali e di comunicazione sono supportate da ricerche e dati di mercato aggiornati e qualificati”.
Oggi il marchio Selenella è leader nel settore delle patate confezionate con il 20,1% di quota di mercato a valore ed è tra i primi cinque per brand awareness del comparto frutta e verdura. Al centro della filosofia del brand c’è l’attenzione verso la filiera produttiva, il riconoscimento del valore delle persone che contribuiscono alla produzione, la protezione dell’ambiente e della sua biodiversità e la continua innovazione, anche nelle politiche di differenziazione del prodotto. Senza dimenticare che Selenella è stato il primo prodotto funzionale ad affermarsi sul mercato e oggi rappresenta un insieme di valori che vanno dalla tutela del mondo produttivo, alla qualità delle produzioni, attestata dai numerosi disciplinari e dalle certificazioni di riferimento.
“Oltre agli aspetti produttivi – ha ricordato il presidente Cristiani – l’altro valore fondamentale per il Consorzio è l’aspetto etico. Puntiamo a tutelare chi opera a monte e a valle della filiera produttiva, garantendo soddisfazione remunerativa al produttore, coinvolgimento del trade e assicurazione della qualità al consumatore nel rispetto dell’ambiente. Gli sforzi fatti in questi anni sono tutti orientati alla salvaguardia del reddito di soci e agricoltori”.
Comunicare, sì ma come?
Ultimo passaggio, condiviso dai relatori, l’importanza della comunicazione. E, se Giavi ha parlato del rapporto tra comunicazione e messaggi/canali scelti per trasferire il messaggio, Ghidi ha sottolineato la differenza tra comunicare una Dop e un marchio. “Quando nel 2007 andammo per primi in pubblicità, il Consorzio tendeva a dire che il Parmigiano era tutto buono uguale. Con Parmareggio, invece, abbiamo comunicato che è diverso. Abbiamo parlato prima di provenienza e stagionatura, poi di 40 mesi, biologico, vacche rosse e vacche brune”.
In un momento in cui i cambiamenti climatici, le esigenze del mercato e le tecnologie stanno cambiando, le sfide per la competitività si possono vincere solo restando costantemente aggiornati e confrontandosi con tutti gli attori che compongono la filiera. Così la pensa Massimo Cristiani che ha concluso: “Negli ultimi anni abbiamo allargato e rivisto territori, metodi e tempi di lavorazione, in campo e a livello organizzativo. Il Consorzio Selenella ha creato da tempo un reparto di Ricerca & Sviluppo a cui sono destinate risorse crescenti, ma agli strumenti dell’agricoltura 4.0 si aggiungono le strategie di produzione programmata sui diversi areali produttivi della penisola italiana. Il cambiamento ha riguardato anche la comunicazione, passata dai mezzi classici come radio e tv al digitale. Quattro anni fa la scelta di sponsorizzare un club di serie A e avvicinarsi al mondo dello sport e alla nutraceutica”.