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13 luglio 2024

Serre sì o serre no? La risposta dei ricercatori danesi

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Crescono le coltivazioni in serra nel mondo. A dirlo è una ricerca dell’Università di Copenaghen (Danimarca) la quale, con l'ausilio dei setelliti e dell'intelligenza artificiale, ha mappato le strutture a livello globale suddividendole in strutture grandi (61%) e piccole (39%).

E' emerso che, nel mondo, sono 1,3 i milioni di ettari di coperture. Si tratta di un dato in continua crescita che i ricercatori spiegano così: il mercato chiede la continuità dei prodotti in tutte le stagioni.

A sorprendere è un altro aspetto, e cioè la localizzazione delle serre. Le quali, attualmente, si concentrano tra il 70-80% nei Paesi a basso e medio reddito. 

Si tratta di un'inversione di tendenza da rilevare: la tecnica si era inizialmente diffusa negli Anni '70-80 nel nord del mondo, poi ha iniziato a diffondersi anche nel sud - siamo all’inizio del secondo Millennio - e oggi trova la sua massima espressione in Asia.

Per dirla con i numeri, la superficie di serre nel sud del mondo è 2,7 volte quella del nord.

Il primato della Cina

La coltivazione in serra è diffusa in 119 paesi: la massima concentrazione è in Cina (60,4%), nella provincia di Weifang, nello Shandong centrale, parte orientale del Paese. 

Il primato della Cina, analizza lo studio danese, si spiega con lo sviluppo socio-economico del Paese. Grandi distese di serre si trovano infatti vicino alle aree metropolitane, come nel caso di Weifang, città la cui popolazione supera oggi i nove milioni.

Secondo i ricercatori, la forte crescita avrebbe infatti inciso sulle abitudini dei consumatori cinesi, i quali richiedono con sempre maggiore frequenza frutta e ortaggi freschi. 

Una domanda crescente, a cui gli agricoltori cinesi non potrebbero rispondere senza l'aiuto delle serre (e degli incentivi statali per costruirle), le quali permettono rese continue ed elevate, oltre a una maggiore qualità delle colture per via dei dosaggi mirati di acqua, fertilizzanti, prodotti chimici. 

Il mar de plastico

Segue la Spagna (5,6%): in Andalusia, per dare il polso del fenomeno, in particolare nella zone di El Ejido, a due passi da Almeria, si parla di mar de plastico, mare di plastica. Qui si produce ortofrutta per un giro di affari che supera i tre miliardi all'anno. Ma lo scenario è a tinte fosche, per via delle condizioni ambientali e paesaggistiche.

Segue l'Italia (4,1%). Le serre si concentrano soprattutto nelle regioni del centro-sud, come Lazio, soprattutto nella zona di Fondi e in provincia di Latina, ma anche in Campania, nella zona della provincia di Salerno, e in Puglia. Numerose anche in Sicilia e nel sud della Sardegna, ma non mancano nel nord della Penisola.

L'impatto è positivo o negativo?

L'impiego delle serre, se si guarda alla sicurezza alimentare e ai quantitativi di cibo, è promosso dallo studio danese: le serre garantiscono infatti maggiori rese produttive rispetto a quelle ottenute con la coltivazione in pieno campo, la presenza del prodotto sul mercato anche nei periodi complementari alle normali epoche di produzione, la minore incidenza dei fattori esterni, il migliore controllo della qualità.          

Ma preoccupano le ricadute sull’ambiente.

Perché se è vero che questo metodo di coltivazione è interessante anche per far fronte ai cambiamenti climatici in atto, nel computo delle opportunità e dei rischi occorre considerare anche l'elevato consumo di energia, la possibile contaminazione delle acque sotterranee con fertilizzanti e prodotti chimici, l'impiego di plastica (film plastici e teli), l'impermeabilizzazione dei terreni. Quest'ultima, è noto, ha come conseguenza diretta l'aumento del rischio idrogeologico, soprattutto nel caso di eventi atmosferici violenti.

Inoltre, i ricercatori hanno riflettuto circa le condizioni di lavoro degli agricoltori, provati dalle alte temperature e spesso da remunerazioni molto basse. 

Per valutare la sostenibilità delle serre, conclude lo studio, occorre trovare risposte ad almeno un paio di domande: le coltivazioni in serra hanno alleviato o allevieranno la povertà rurale? Influiscono sulla domanda e sulla qualità dei prodotti nei mercati nazionali e internazionali? Quanto impattano sull'ambiente?

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