09 aprile 2024

Sicurezza alimentare, ecco i prodotti più a rischio secondo Coldiretti

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Dall’etichetta d’origine Ue su tutti i prodotti alimentari al sostegno delle aziende agricole contro le pratiche sleali fino alla semplificazione burocratica. Sono alcune delle proposte lanciate dalla Coldiretti in vista delle prossime elezioni europee dal Brennero, con diecimila agricoltori in due giorni guidati dal presidente nazionale Ettore Prandini per fermare l’invasione di prodotti alimentari stranieri spesso spacciati per italiani, alla presenza di esponenti del mondo politico e dell’associazionismo che hanno espresso il loro sostegno alla mobilitazione.

Si va dal presidente della commissione agricoltura del Senato Luca De Carlo di Fratelli d’Italia, al capogruppo 5stelle al Senato, Stefano Patuanelli, mentre il presidente del Partito democratico, Stefano Bonaccini ha inviato un videomessaggio.

Interventi anche di Stefano Ciafani, presidente Legambiente, Maria Grazia Mammuccini, presidente Federbio, e Barbara Nappini, presidente Slowfood. Al presidio partecipano anche oltre 2000 agricoltori provenienti dall’Emilia-Romagna, guidati dal direttore regionale Marco Allaria Olivieri.

La black list

Dall’analisi Coldiretti su dati Rasff al primo aprile 2024 emerge che nell’ultimo anno è scoppiato in Italia oltre un allarme alimentare al giorno con ben 422 allerte che hanno riguardato prodotti stranieri per la presenza di residui di pesticidi vietati in Italia, micotossine, metalli pesanti, inquinanti microbiologici, diossine o additivi e coloranti, in aumento del 42% rispetto allo stesso periodo dell’anno. E in quasi 6 casi su 10 si tratta di prodotti provenienti da paesi Extra Ue.

Frutta e verdura sono al primo posto per numero di segnalazioni, pari al 30% del totale. Si va dai pistacchi turchi e iraniani con alti livelli di aflatossine – rileva Coldiretti – alle carote dall’Egitto con residui di Linuron, un pesticida vietato in Europa. Ma ci sono anche i fagioli all’occhio del Madagascar con Chlorpirifos, una sostanza bandita in Ue perché sospettata di danneggiare il cervello dei bambini, presente peraltro anche sui fagioli dal Bangladesh. Norovirus sui frutti di bosco congelati tedeschi e serbi, ma neppure il succo d’arancia congelato è sicuro, – continua Coldiretti –poiché su quello iraniano ci sono residui di Propiconazole, sostanza anch’essa vietata. Pesticidi banditi anche sui peperoncini dal Kenya, mentre sui fichi secchi turchi sono state rinvenute aflatossine.

Al secondo posto tra i prodotti più pericolosi c’è il pesce, con 107 segnalazioni. Si va dalle ostriche francesi e olandesi con la presenza di norovirus – prosegue Coldiretti – alle seppie congelate dall’Albania con contenuto di cadmio, dal pesce spada e dal tonno spagnoli con presenza di mercurio oltre i limiti ai filetti di merluzzo congelato dalla Cina con la salmonella, presente anche nelle cozze cilene.

Tra i prodotti più pericolosi ci sono anche le carni, quasi principalmente per la presenza di salmonella. Ne è stata scoperta nelle carni di pollo e di tacchino dalla Polonia, dall’Olanda dalla Spagna e dall’Olanda, ma anche nelle cosce di rana turche e cinesi.

Al quarto posto i cereali dove la quasi totalità delle segnalazioni riguardano il riso dal Pakistan, per la presenza di aflatossine e residui di pesticidi vietati, mentre al quinto troviamo le spezie, dal peperoncino dello Sri Lanka con aflatossine all’originano turco con tossine naturali, dal peperoncino cinese con salmonella al cumino indiano con residui di pesticidi.

Prandini: “Stessi criteri per tutti”

“E’ necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute – ha sottolineato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – Dal Brennero chiediamo dunque l’applicazione del principio della reciprocità, ovvero stesse regole uguali per tutte a partire dai fattori di produzione. Basti pensare all’uso dei pesticidi. Un quarto di quelli usati negli Stati Uniti risulta vietato nella Ue e le percentuali salgono se si tengono in conto i paesi del Sudamerica. E’ assurdo che noi continuiamo a importare cibi prodotti con sostanze che in Europa sono vietate da decenni”.

Le richieste

La raccolta di un milione di firme – sostenuta firmando in tutti i mercati di Campagna amica e negli uffici Coldiretti e promossa da una campagna social #nofakeinitaly – con la proposta di iniziativa popolare per mettere in trasparenza la filiera agroalimentare è solo il primo passo per portare l’Unione Europea a un cambio di prospettiva che sostenga la sovranità alimentare, anche lasciandosi alle spalle politiche dettate da un insensato estremismo green.

Coldiretti chiede innanzitutto la revisione del criterio dell’ultima trasformazione del Codice doganale dell’Unione e del luogo di provenienza, che permette di vendere come italiano, magari con il nome “nostrano” o “di fattoria” un prosciutto fatto con cosce di maiale provenienti dall’estero.

C’è poi la richiesta di una maggiore semplificazione, sulla scia dei risultati già ottenuti dopo le mobilitazioni della Coldiretti a Bruxelles, con la presentazione della revisione della Politica agricola comune per l’alleggerimento degli adempimenti a carico delle aziende. Un primo passo che va ora rafforzato con misure ancora più impattanti, considerato che oggi un agricoltore spende un terzo del suo tempo per riempire moduli e carte burocratiche.

Ma la nuova Ue dovrà garantire mercati equi e trasparenti, incentivando gli accordi di filiera e vietando la vendita sotto i costi di produzione.

Al prossimo governo europeo Coldiretti chiede anche di incrementare i fondi Pac per assicurare l’autonomia alimentare dei cittadini europei e favorire il ricambio generazionale, riconoscendo e sostenendo il ruolo degli agricoltori come custodi degli ecosistemi e della biodiversità.

Coldiretti porta in Europa anche la battaglia contro il cibo sintetico fatto in laboratorio dopo aver fatto da apripista in Italia con la raccolta di oltre 2 milioni di firme che ha portato all’approvazione della legge che ne vieta la produzione e la commercializzazione sul territorio nazionale.

Fonte: Coldiretti

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