Sarà un po' abusato ma l'effetto farfalla (in sintesi estrema, "Il minimo battito d'ali di una farfalla è in grado di provocare un uragano dall'altra parte del mondo") si può anche traslare sul campo ortofrutticolo dove si parla di effetto arancia brasiliana per l'esplosione dei prezzi del succo d'arancia concentrato.
Almeno nei futures che vengono determinati in mercati come l'Intercontinental Exchange di New York.
Un fenomeno finanziario, ma con basi nell'economia reale sempre più determinata dagli andamenti del clima, che ha destato l'attenzione, la ricerca giornalistica e il finanziamento di reportage tra continenti poi pubblicati nelle più importanti testate mondiali dal Financial Times che ha titolato "Orange juice squeezed by Brazilian drought", un gioco di parole sulla siccità che ha spremuto le arance brasiliane, al sintetico ma chiaro titolo di The Economist con "Why orange juice has never been more expensive" (Perché il succo d'arancia è diventato così costoso, ndr).
L'analisi del dipartimento dell'agricoltura Usa: in crisi il Brasile
L'Usda, ovvero il dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, nei suoi report offre i numeri per comprendere le dinamiche e le relazioni tra clima, caduta della resa, dinamiche economiche e finanziarie. Nel suo ultimo lavoro sottolinea: "Si stima che la produzione globale di succo d’arancia per il 2023/24 sia inferiore del 3%".
Le cause? "Per la minore disponibilità di frutta per la trasformazione in Brasile, che rappresenta il 70% della produzione mondiale. Si stimano di conseguenza consumi ed esportazioni in calo".
In numeri l'offerta brasiliana è scesa del 9% ovvero a 1,1 milioni di tonnellate. Manca prodotto. Per i ricercati del governo statunitense questa situazione dipende da "siccità, temperature estremamente elevate e dell'incidenza dell'inverdimento degli agrumi". In questo quadro calano le scorte: "dimezzate".
Nello scenario mondiale è interessante il dato europeo. "Si stima che la produzione aumenterà del 4% arrivando a 50mila tonnellate grazie alla disponibilità di arance che non soddisfano gli standard di dimensione per il consumo fresco. L’aumento delle esportazioni supera l’aumento nelle importazioni".
A chi conviene questa dinamica? Non ai produttori che ottengono un margine maggiore con la vendita del fresco rispetto al conferimento all'industria.
La crisi del succo
Sul Financial Times la sintesi sui riflessi della scarsa produzione sulle quotazioni è chiara: "I prezzi del succo d’arancia sono saliti alle stelle fino ai massimi storici poiché la grave siccità e le diffuse malattie dei raccolti hanno schiacciato i rendimenti in Brasile, il principale esportatore mondiale, lasciando le aziende di bevande analcoliche ad affrontare una situazione terribile”.
All'analisi dei dati segue la sintesi degli addetti ai lavori: "Per le aziende di bevande analcoliche, che utilizzano il mercato dei futures per cercare di proteggersi dai grandi movimenti dei prezzi e devono sostenere costi più elevati, la situazione è terribile" e secondo gli analisti "le aziende del settore non sanno cosa fare".
Una situazione vissuta vent’anni fa negli Stati Uniti: "L’inverdimento degli agrumi – una malattia diffusa da insetti che rende amaro il frutto dell’albero prima di ucciderlo del tutto – iniziò a diffondersi in tutta la Florida, decimando gli aranceti nella principale regione di coltivazione degli Stati Uniti".
La storia si ripete e semina panico nei mercati. Nonostante l'individuazione di strategie e soluzioni per arginare il problema il danno spesso è definitivo. Come si legge nella testata finanziaria: "Brayan Palhares, un coltivatore di agrumi dello stato di San Paolo, ha affermato che il 2024 è stato il peggiore in termini di produttività da quando suo padre ha iniziato a coltivare arance nel 1970. In alcune parti della sua prppietà che hanno prodotto una media di 1.800 casse per ettaro negli ultimi 10 anni, in questa stagione hanno consegnato solo 470 cartoni". Una disfatta.