Avocado un mondo tutto da scoprire, ma abbiamo alcune certezze. Il frutto tropicale si coltiva, si vende e si consuma sempre di più. Tassi di crescita elevati e quasi sempre a doppia cifra in tutto mondo, seppure la crescita sia trainata soprattutto da Nord America ed Europa. Si perfeziona l'innovazione nella tecnologia di controllo e selezione grazie anche all'intelligenza artificiale. L'Africa investe, ma servono altre risorse. La mappa delle diverse varietà e l'Italia che consuma di meno, ma consuma molto di più rispetto al passato. Sono alcuni dei temi ad alto tasso di interesse che oggi hanno animato il Tropical Fruit Congress 2022, organizzato da Ncx Drahorad a Macfrut.
Non di maniera i saluti del presidente di Macfrut Renzo Piraccini che ha sottolineato l'unicità dell'appuntamento riminese nel panorama internazionale e dove si entra in contatto con tutta la filiera dell'ortofrutta: “A iniziare dal seme”. Poi via alle relazioni, gli interventi sono stati introdotti e moderati da Thomas Drahorad, con l'apertura dedicata ai numeri illustrati da Daria Lodi (Cso Italy). A livello mondiale nel 2020 sono stati prodotti 364 milioni di tonnellate di frutta esotica totale, gli avocado ne rappresentano il 2%, quindi circa 8 milioni di tonnellate.
Il 30% si coltiva in Messico
Si coltiva soprattutto in Messico, quasi il 30% del totale, ma si registrano percentuali significative in tutto il continente americano, poi c'è la quota africana ed asiatica. La produzione europea tocca le 127mila tonnellate e si concentra soprattutto in Spagna (sfiora le 100mila tonnellate) dove c'è pure un rilevante consumo (28%) che la fa svettare sul podio. Seguono Francia, Germania, Olanda e al quinto posto l'Italia dove l'avocado rappresenta il 41% del paniere frutta esotica (escluse banane e ananas). Il consumo cresce a doppia cifra per un frutto trasversale che consumano tutti: giovani e anziani. “Escludendo tutto il mondo del trasformato e del consumo fuori casa, l’anno scorso le famiglie italiane hanno acquistato circa 67mila tonnellate di prodotto registrando un differenziale sull’annata precedente del 35% in più a volume“.
Eppur si conosce e si consuma
Un osservatorio privilegiato è quello di Mattia Menni di Spreafico che conferma l'intergenerazionalità dei consumatori di avocado: “Il 30% usa di frequente l'avocado. E' già conosciuto e sempre di più si sa come consumarlo. Il drive che guida la scelta è soprattutto il valore nutrizionale con tutti i benefici del caso. Noi siamo molto attenti al grado di maturazione”. Questa la sfida di un prodotto delicato che si vuole far arrivare nelle giuste condizioni sul tavolo del consumatore finale.
La tecnologia ha quindi un ruolo fondamentale per il successo dell'avocado. Lo ha sottolineato Paz Garcia di Ziehl-Abegg che ha illustrato la tecnologia di ventilazione: “I frutti tropicali sono circa 2700 specie, ma solo un piccolo numero di frutti sono commercializzati a livello internazionale. Sono frutti molto delicati. Le perdite possono arrivare al 25% ma si può scendere al 5%. Le tecnologie che permettono di monitorare la qualità dell’aria nei magazzini e durante il trasporto sono fondamentali per garantire l’arrivo del prodotto a destinazione non ancora del tutto maturo”.
Sul lato tecnologico Alessandro Pasi di Aweta ha illustrato le sempre maggiori funzioni generate dalle macchine per la lavorazione dell'avocado. “Non vendiamo mai due macchine uguali, vengono progettate secondo le esigenze di ciascuno”. Ogni produttore ha le sue esigenze: “Sono processi che portano interessanti benefici: il risparmio di tempo e il ricorso minore alla manodopera e si arriva prima sul mercato. Oggi sono sistemi non intrusivi e si resta sempre collegati con i nostri esperti che forniscono tutte le informazioni necessarie”.
L'olio di avocado
Ci sono anche macchine funzionali a diversi usi. Aldo Pesce di Amenduni, fa parte del gruppo globale Valbruna forte di 2 miliardi di euro di fatturato, dal palco ha fatto conoscere un metodo alternativo di valorizzazione dell'avocado. Una sorta di economia circolare che si rifà alla tradizione pugliese dell'olio di oliva. “Quando non è più buono per la commercializzazione come fresco dall'avocado si può estrarre l'olio. Un settore che vale 500 milioni di dollari e si recupera quello che non arriva nelle tavole”. Un modello di successo: “Siamo a Bari, maturato esperienza con produttori di avocado, e si è cercato di replicare l'esperienza dell'olio di oliva. Abbiamo realizzato oltre 60 impianti nel mondo in Kenia, in Messico”. E ‘ olio? “C'è il crudo (con difetti importanti) che costa 5 dollari al chilo e si utilizza anche nella cosmetica, poi l'extravergine che si vende in piccole quantità a circa 10/11 dollari al chilo”.
C'è un problema e lo ha spiegato Therese Bruwer (Westfalia) che si occupa di ricerca. “Ci sono centinaia di cultivar, ma domina Hass, la varietà più presente. In Sudafrica è passato dal 30 al 50%, ci stiamo avvicinando a una mono cultivar che espone al rischio di epidemie”. Un problema serio, ma “si stanno studiando nuove cultivar, circa un centinaio con l'obiettivo di avere varietà precoci, tardive”.
L'Italia consuma, l'Italia produce. In Sicilia soprattutto dove lavora Andrea Passanisi, fondatore di Sicilia Avocado, una realtà molto dinamica e leader in Italia per la produzione di avocado, che ha ricordato i primi esperimenti degli anni '70. I pionieri che hanno aperto la strada, ben valorizzata da Passanisi che raccoglie buoni successi sul mercato. Anche dalla piattaforma di e-commerce.
Paesi Bassi, hub mondiale
Ma dove si muove l'avocado. A domanda risponde Ernst Woltering della Wageningen University & Research dei Paesi Bassi. “Siamo i secondi esportatori al mondo, importiamo e poi facciamo export soprattutto verso la Germania. La metà delle importazioni passa per i Paesi Bassi dove si lavora per aumentare valore”. Tra i maggiori produttori esportatori di avocado insieme all'Olanda c'è la Colombia: Jorge Enrique Restrepo Giròn, dell'Associazione Colombiana dei produttori ed esportatori di avocado Hass, ha detto: “Attualmente il mercato di più facile accesso sono gli USA, mentre il più difficile è la Cina. L'Italia ha un grande potenziale, ma rappresenta ancora l'1% delle esportazioni totali dalla Colombia. Attualmente stiamo lavorando per educare i consumatori negli USA e far crescere le esportazioni in questi paesi”.
L'Africa in cerca di investimenti
Tutto un continente che vuole crescere, a iniziare dal Kenia rappresentato da Benjamin Mutuku Tito, direttore dell’Horticultural Crops Directorate del Kenia: “Siamo tra i produttori maggiori, occupiamo il sesto posto a livello mondiale, ma si tratta soprattutto di piccole aziende”. Tante potenzialità, clima e disponibilità di terreni, in Angola come ha spiegato Josè Chinjamba di Aipex (Agenzia per la promozione degli investimenti e dell'export) che fa appello ad investitori interessati a far crescere la filiera nel suo Paese.