01 aprile 2020

Ue e libera circolazione (della manodopera)

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Il coronavirus ha messo in discussione uno dei capisaldi della Unione europea, quello della libera circolazione. Perché se è vero che nelle città non si può circolare se non autorizzati e muniti dell'apposito modulo – il che, se non fosse necessario e contestualizzato, sarebbe di per sé abbastanza inquietante – ancor peggio va, a livello macro, in Europa. In cui, sempre per un discorso di sicurezza sanitaria, sono stati ripristinati i controlli alle frontiere interne. E pertanto – temporaneamente, ma fino a data da destinarsi – non è più possibile viaggiare se non per viaggi ritenuti “essenziali”. Tali restrizioni hanno ricadute anche sulla libera circolazione dei professionisti, agricoltori stagionali compresi, i quali però giocano un ruolo essenziale nel processo produttivo. A tal proposito è quindi intervenuta la Commissione europea con una comunicazione avente come oggetto “Orientamenti relativi all'esercizio della libera circolazione dei lavoratori durante la pandemia di Covid-19”. In pratica, con tale documento, la Commissione sottolinea come vada garantita la libera circolazione nell'Ue, a tutti coloro che svolgono professioni critiche come quelle del settore medico, alimentare, dei trasporti e gli stagionali in agricoltura, ossia i lavoratori che contribuiscono fattivamente a combattere la pandemia di coronavirus.

Commissione Ue: agevolare il passaggio dei lavoratori

Nel merito, con le suddette raccomandazioni, la Commissione esorta gli stati membri a stabilire procedure specifiche, rapide e semplici per l'attraversamento delle frontiere con un flusso regolare di lavoratori transfrontalieri e distaccati, affinché sia garantito loro un passaggio agevole. Ove opportuno, tale obiettivo può essere raggiunto, ad esempio, per mezzo di apposite corsie alla frontiera riservate a tali lavoratori – il che richiama le corsie verdi pensate per il passaggio delle merci – oppure mediante l'apposizione di specifici adesivi riconosciuti dagli stati membri limitrofi, che consentano di agevolare l'accesso di tali lavoratori al territorio dello Stato membro di occupazione.

Quanto ai lavoratori stagionali, la Commissione dedica un capitolo specifico (al punto 9 del documento), nel quale si legge: “Si ricorda che in determinate circostanze i lavoratori stagionali del settore agricolo svolgono mansioni fondamentali di raccolta, impianto e cura delle colture. In tali situazioni gli stati membri dovrebbero riservare a tali lavoratori lo stesso trattamento riservato ai lavoratori che esercitano le professioni critiche di cui sopra (e cioè quelle legate principalmente alla sanità e ai trasporti).

L'appello di Coldiretti: sos raccolti

Proprio a proposito dei lavoratori stagionali, nei giorni scorsi il ministro Teresa Bellanova era intervenuta per prorogare i permessi di soggiorno per lavoro stagionale in scadenza al fine di evitare agli stranieri di dover rientrare nel proprio paese proprio con l’inizio della stagione di raccolta. Tale proroga  dura fino al 15 giugno e riguarda i permessi di soggiorno in scadenza dal 31 gennaio al 15 aprile (articolo 103 comma 2 del D.L. 18) ma, secondo Coldiretti, la circolazione delle persone resta a rischio: “Dopo le merci è necessario creare corsie verdi alle frontiere interne dell’Unione europea anche per la circolazione dei lavoratori agricoli”, aveva affermato il presidente della confederazione Ettore Prandini. Il quale aveva poi chiesto “una radicale semplificazione del voucher agricolo che possa consentire da parte di cassaintegrati, studenti e pensionati italiani lo svolgimento dei lavori nelle campagne in un momento in cui scuole, università attività economiche ed aziende sono chiuse e molti lavoratori in cassa integrazione potrebbero trovare una occasione di integrazione del reddito proprio nelle attività di raccolta nelle campagne”.

New York Times: allarme raccolti made in Italy

La preoccupazione per i raccolti italiani deve essere forte anche oltreoceano, altrimenti non si spiegherebbe l'articolo del New York Times secondo il quale la produzione alimentare italiana sarebbe a rischio. D'altro canto, più di un quarto dei prodotti made in Italy sono raccolti nelle campagne da mani straniere, per un totale di 370mila lavoratori regolari che arrivano ogni anno dall’estero. La comunità di lavoratori agricoli più presente in Italia – secondo un'indagine di Coldiretti – è quella rumena con 107.591 occupati, davanti a marocchini con 35.013 e indiani con 34.043, che precedono albanesi (32.264), senegalesi (14.165), polacchi (13.134), tunisini (13.106), bulgari (11.261), macedoni (10.428) e pakistani (10.272).

Libera circolazione degli stagionali, un problema comune

Naturalmente quello dei braccianti stagionali è un problema anche di altri paesi europei. A causa del coronavirus, sarebbero, secondo la confederazione francese Fnsea, 200mila i lavoratori stagionali provenienti da Romania, Polonia, Tunisia, Marocco, che non potranno raggiungere la Francia per le raccolte primaverili, tanto che il ministro dell'Agricoltura francese, Didier Guillaume, ha invitato tutti coloro che sono rimasti senza lavoro a trovare impiego in agricoltura. Dello stesso avviso il ministro dell'agricoltura tedesco, Julia Kloeckner, che propone di impiegare come lavoratori stagionali in agricoltura i lavoratori del settore alberghiero e della ristorazione per colmare il vuoto di circa 300mila unità lasciato dagli stagionali polacchi e rumeni. Anche la Spagna soffre la carenza di braccianti: di consueto sono circa 10mila i lavoratori stagionali marocchini impegnati nella raccolta fragole.

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