Finestra commerciale, gusto e colore, varietà senza semi versus varietà tradizionali, prodotto confezionato o sfuso, vendita assistita. Sono questi alcuni dei temi che sono stati oggetto del webinar “Uva da tavola: strategie e progetti per competere sul mercato” organizzato da myfruit.it oggi pomeriggio, 26 luglio, in diretta su Linkedin.
Un momento di confronto tra produzione e distribuzione sugli argomenti caldi del settore che si è aperto con il ricordo di Annabella Donnarumma, che oggi avrebbe dovuto essere tra gli ospiti del dibattito.
Seedless o con semi?
Tra gli argomenti maggiormente dibattuti: uve con o senza semi? Secondo Claudio Mazzini, responsabile freschissimi Coop Italia, il processo è irreversibile: “In quattro anni siamo passati da un'incidenza irrilevante delle seedless al 33% dei consumi. Una tendenza che riteniamo sia destinata a proseguire”. “Le uve tradizionali – ha aggiunto – sono in tenuta solo se la qualità è davvero molto buona”.
D'accordo Andrea Peviani, direttore commerciale di Peviani, che ha ricordato: “Abbiamo iniziato a osservare un interesse verso le varietà senza semi già negli anni '90, una tendenza spinta dai mercati del Nord Europa. Man mano abbiamo convertito le nostre produzioni, testando sui nostri territori le varietà provenienti dall'estero. Per il futuro auspichiamo che vengano messe a punto varietà seedless autoctone”.
“I numeri delle senza semi sono molto interessanti, siamo concentrati al 100% su queste varietà – ha concordato Marcello Guidi, category manager Apofruit Italia – Dopo il consolidamento in altri Paesi, anche in Italia si stanno affermando. Noi ne produciamo circa 10mila tonnellate”.
Fuori dal coro Gregorio Martelli, direttore acquisti Magazzini Gabrielli: “Le varietà Italia e Vittoria sono i nostri cavalli di battaglia – ha sottolineato – Ma nella nostra offerta non mancano cultivar nuove, senza semi”.
Sulle uve tradizionali anche Michele Laporta, presidente della Op Agritalia e del Consorzio di tutela Uva di Puglia Igp: “Non dimentichiamo che le nostre uve con i semi sono conosciute a livello globale. E' vero che le uve seedless stanno acquisendo sempre più appeal, ma l'uva tradizionale, se buona, continua a piacere”.
L'offerta in reparto è colorata
Quanto alla presenza nel reparto ortofrutta, tutti concordi nell'ampliamento della finestra commerciale e nell'offerta colorata.
“Non solo uve bianche, c'è spazio anche per le uve nere e rosse – ha detto Peviani, d'accordo con Mazzini – Soprattutto con queste ultime la genetica ci sta venendo in aiuto, mentre le varietà nere sono un po' meno performanti, ci vorrà un po' più di tempo. Ma se proposte nel modo giusto, sono apprezzate. Abbiamo proposto le confezioni tris e sono piaciute”.
“Il primo tema su cui lavorare è il colore – ha riferito Mazzini – La segmentazione e la differenziazione dell'offerta aiuta, l'uva ha un potenziale enorme anche fuori dalla stagione tradizionale e a dirlo sono i fatti. Ad aprile-maggio abbiamo testato il prodotto di importazione sugli scaffali, è stata un'esperienza molto positiva”.
Il calendario commerciale è una priorità
“Il calendario commerciale è una priorità – ha ribadito Guidi, sintetizzando il pensiero di tutti i relatori – Oggi abbiamo un calendario consolidato da agosto a novembre-dicembre, l'obiettivo è ampliarlo con una varietà rossa precoce per iniziare a luglio”.
“Con il prodotto nazionale copriamo il grosso della stagione – ha aggiunto Peviani – Fuori stagione importiamo da Perù e Africa. In questo modo, con tre diverse origini, siamo in grado di coprire nove mesi, da settembre a maggio”.
La selezione varietale
Sulla selezione varietale è intervenuto Laporta, che ha argomentato: “L'orientamento che stiamo dando con il progetto Grape & Grape (di cui Op Agritalia è partner, ndr) è improntato sul localismo. Puntiamo sul gusto dell'uva, sulla resistenza delle piante“.
Il prodotto sfuso è (quasi) utopia
Sui banchi della Gdo la maggior parte delle uve è venduta confezionata (“è più bella e più sicura”, ha sottolineato Laporta) e tutti i relatori pensano che la strada sia segnata, il packaging evolverà e diventerà più sostenibile, ma non scomparirà.
Ma ci sono delle eccezioni da rilevare e condividere, come l'esperienza di Magazzini Gabrielli: “Abbiamo conservato la presenza delle persone in reparto per dare vita a un rapporto attivo con il consumatore, pertanto la percentuale di prodotto confezionato è bassissima – ha puntualizzato Martelli – Una scelta non scevra di difficoltà, soprattutto per quanto riguarda la formazione del personale. Ma con la vendita assistita garantiamo al cliente un prodotto manipolato il meno possibile”.
“Eliminare le confezioni avrebbe dei vantaggi in termini di costi e di impatto ambientale – ha concluso Peviani – Ma temo che sia utopia pensare che tutta la Gdo possa vendere uva alla rinfusa con assistenti di vendita”.