Il Gruppo Tarulli, produttore di uva biologica pugliese, ha dato il via alla stagione all’inizio del mese di luglio. “Il prodotto è eccezionale – fa notare Marilena Daugenti, alla guida del Gruppo di Noicattaro (Bari) insieme al marito Antonio Tarulli – Ma a non essere soddisfacenti sono le dinamiche di mercato che si sono venute a creare. Nonostante la domanda sia elevata e la qualità sorprendente, i prezzi sono bassi in tutta Europa”.
Prodotto bio ad alta qualità
Da luglio a novembre il Gruppo Tarulli produce circa settemila tonnellate delle più pregiate uve da tavola su circa 350 ettari di superficie; il 50% dell’azienda è certificata Demeter. I mercati di riferimento sono tre, precisamente Germania, Svizzera e Austria. Sul mercato italiano Tarulli è presente in minima parte poiché, come più volte riferito a myfruit.it, “manca ancora la giusta sensibilità di approccio al prodotto biologico e biodinamico”.
Dalla scorsa stagione sono entrate in produzione nuove varietà: “Produciamo tutte e tre le tipologie di uva rossa, nera e bianca, seedless o con semi – spiega Marilena Daugenti – L’anno scorso abbiamo iniziato anche con Cotton Candy, Candy Heart, Sweet Sapphir, Sweet flavor e altre, valutate per le loro performance e gli elevati standard qualitativi”.
La qualità costa
“Il prodotto pugliese – prosegue Daugenti – si distingue dal resto perché noi siamo specialisti nella selezione dei grappoli, nell’acinellatura manuale su uva con e senza semi. Ma sono operazioni che richiedono addetti in campo, e dunque costi. I prezzi di vendita devono riconoscere lo sforzo del mondo produttivo”. E, invece, dopo quattro settimane dall’inizio della campagna, i prezzi non sono soddisfacenti: “I produttori spagnoli e siciliani, che sono i primi a partire, si sono accontentati – racconta Daugenti – In alcuni casi hanno svenduto l’uva. Mi chiedo: perché”?
Le materie prime incidono sul bilancio
Secondo la produttrice non ci sono giustificazioni: la domanda è molto alta, il prodotto ineccepibile, la stagione proseguirà ancora a lungo. Inoltre, sono in aumento i costi di produzione: “Quest’anno – sottolinea – dobbiamo fare i conti con i costi delle materie prime. Cresce il costo del carburante, cresce quello dell’acqua, dell’energia e, anche, della manodopera. Inoltre, si danno per scontati i costi delle certificazioni e anche quelli legati all’emergenza sanitaria, ma i grandi produttori devono tenere ion considerazione una voce che ha una certa incidenza sui bilanci: acquistiamo bancali interi di mascherine, cappelli, camici, gel”.
La carta è introvabile
A questi costi si sommino quelli legati agli imballaggi green: “La Gdo, in particolare quella tedesca, è sempre più orientata verso imballaggi compostabili come le vaschette di carta – conclude Daugenti – Ma quest’ultima non solo è introvabile, ha anche un prezzo quadruplo rispetto alla plastica. Quest’anno la battaglia è dura e, ancora una volta, mi chiedo: perché rovinare il mercato abbassando i prezzi?”.