Via al progetto La via nazionale del castagno presentato nei giorni scorsi a Castel del Rio (Bologna) dall'Associazione nazionale Città del Castagno.
"È fondamentale far conoscere alle persone non solo il frutto di per sé, ma l'importanza che il castagno tradizionale assume in termini di ambiente, biodiversità, ecosistema e impronta ecologica. Parliamo infatti di piante ultra secolari. Vogliamo veicolare la bellezza che i castagneti hanno per 12 mesi l'anno", dichiara Monia Rontini, nel consiglio direttivo dell'associazione (è vicepresidente del consorzio castanicoltori di Castel del Rio, nel consiglio direttivo del BioDistretto dell'Appennino Bolognese e titolare de Il Regno del Marrone).
Valorizzare la cultura del castagno
L'obiettivo del progetto è qualificare e promuovere sempre di più i castagneti tradizionali italiani, tutelando la loro produttività, valorizzando il lavoro dei castanicoltori e preservando il patrimonio culturale dei castagneti storici e delle attività annesse. Hanno dichiarato il proprio interesse per lo sviluppo del progetto: il Gal dell'Appennino bolognese, il BioDistretto dell'Appennino Bolognese, l'associazione Itacà.
Un itinerario da 2.220 km
La via nazionale del castagno si snoderà per 2.200 km, collegando tra loro i castagneti dell'arco alpino e della dorsale appenninica, senza trascurare la Sardegna e la Sicilia. Sono previsti ulteriori collegamenti con le vie del castagno europee.
"Tramite i percorsi già esistenti del Cai, si potrà arrivare ai territori castanicoli delle aree più interne e si potranno visitare le aziende e le fattorie didattiche che spiegheranno tutto il processo che c'è dietro, ad esempio, a una castagna essiccata in sacchetto o alla farina di marrone".
"Attirare nuovo pubblico nei nostri castagneti potrà motivare anche i giovani imprenditori agricoli a riscoprire la castanicoltura - prosegue Rontini - Inoltre, bisogna far comprendere al consumatore finale quanto la scelta del suo acquisto di castagne o marroni sia determinante per la sopravvivenza dell'Appennino. Ci si guadagna in primis in bontà e qualità del prodotto. Le piantagioni intensive a filari di castagni non possono neppure essere paragonate alla produzione della castanicoltura tradizionale che racchiude nel suo scrigno natura, biodiversità, fauna, flora e resilienza territoriale".
Tutelare la tradizione
"Se scomparissero tutti i castagni nazionali, non perderemmo solo gli alberi e i frutti di per sé, ma tutto un ecosistema. Il fulcro del nostro progetto si radica profondamente nella cultura millenaria del castagno, un elemento che, nonostante le sue diverse manifestazioni nei vari territori, ha costantemente fatto parte della vita delle popolazioni montane in tutta Italia".
"Non si tratta semplicemente di un albero, ma di un simbolo vivente di un'eredità collettiva, intrisa di esperienze, competenze, oggetti materiali e tradizioni orali trasmesse di generazione in generazione. Questa cultura del castagno rappresenta un patrimonio inestimabile, un insieme di conoscenze e pratiche che riflettono l'adattabilità e l'ingegnosità delle comunità che hanno imparato a convivere e a trarre il massimo da questi ambienti montani".
Fonte: Associazione nazionale Citta del castagno