07 dicembre 2023

“Visione innovativa e cooperazione resiliente, vi racconto Agrintesa”

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Cosa significa oggi essere un’azienda che guarda al futuro con radici forti nella cooperazione e una vocazione al fare insieme. Cosa significa oggi essere Agrintesa e pensare, investire su progetti di successo insieme ad altre realtà. Myfruit.it ne ha parlato con il direttore generale della cooperativa agricola faentina, Cristian Moretti.

Una vasta disamina, a cominciare dal progetto avviato nel 2021 a Latina con IdeaAgro (fondo italiano riservato a investimenti in aziende della filiera agricola che fa parte di DeA Capital Alternative Funds, ndr): un impianto di 110 ettari di kiwi giallo SunGold. “Abbiamo iniziato a piantare nel 2021, ma ci ragionavamo dal 2020, quando parlare di fondi di investimento, specie in una cooperativa, era complicato”, inizia Moretti.

Agrintesa è partner operativo del progetto con una quota del 10% del capitale di Agro Gold, veicolo creato appositamente. La cooperativa romagnola è stata affiancata da Areté, società di analisi e consulenza strategica sul settore agroalimentare in qualità di business e financial advisor che, sempre con IdeaAgro, ha preso parte a un altro importante investimento per la realizzazione del più esteso noceto italiano in provincia di Ferrara.

“Siamo orgogliosi di essere stati coinvolti e di partecipare con IdeaAgro allo sviluppo di questa importante e ambiziosa coltivazione di kiwi. Agrintesa, storicamente, è una delle aziende di riferimento nel panorama nazionale per la produzione di kiwi: grazie al know-how maturato supporteremo Agro Gold, che si è associata alla nostra cooperativa, durante tutte le fasi della coltivazione”.

Antesignani di un nuovo modo di fare agricoltura

“Di questo tipo di fondi ne arriveranno tanti, si stanno affacciando in maniera importante nel mondo agricolo – prosegue Moretti – Sicuramente quello che va evidenziato è che Agrintesa, pur essendo una cooperativa, ha ricevuto dal fondo di investimento la guida operativa della società. Insomma, se l’arrivo della finanza nel campo produttivo si era già visto, non era mai stato con questa formula partecipativa, con ruoli così definiti, chiari, dove ognuno mette le proprie competenze. E la propria personalità”.

Parliamo di 100 ettari di nuovi impianti, più 10 di impianti precedenti. E nel 2024 ci sarà la prima produzione significativa sul primo lotto. “C’è stata una serie di fasi – ricorda Moretti – da quella di comprendere quali fossero le necessità del fondo di investimento, a quella di costruire insieme un progetto che potesse essere finalizzato agli obiettivi di tutti, da quella di costruire il veicolo del progetto, Agro Gold, fino alla fase più difficile, andare a svilupparlo”.

Una bella dimostrazione di saper fare. “L’altra cosa stimolante di questo progetto è il lavoro di gruppo. Al nostro interno siamo abituati, ma qui andiamo a lavorare con specializzazioni e con professionalità di altre aziende e di altri comparti, che ci aiutano a crescere e a fare le scelte migliori”. Ma c’è un ma: “La collaborazione con la finanza buona può essere un valido supporto e acceleratore delle trasformazioni produttive, organizzative in ortofrutta e nell’agroalimentare in generale. Ma non può essere il solo percorso”.

Superare il pregiudizio di essere cooperativa e imparare a fare sistema con realtà diverse

Pur avendo numeri importanti (per volumi prodotti, ettari, produttori, storia e anche bilancio), Agrintesa non è mai stata ferma, ma molto dinamica. “Forse in passato, fino a 15/20 anni fa, si cresceva per aggregazioni e per fusioni – precisa Moretti – Noi non ci siamo fermati al nostro interno, ma siamo andati fuori a cercare i progetti di crescita, di sviluppo e alleanze, finalizzati in primis al bene e al futuro dei soci”.

E non sono pochi. “Dai progetti UnaPera e Opera alla partecipazione in Jingold; dal progetto kiwi Dulcis, che condividiamo con Apofruit e Orogel Fresco, allo sviluppo sul mercato del biologico anche in altre zone di produzione, e con altri produttori (vedi Brio – Alce Nero, ndr); dalla condivisione di progetti di innovazione varietale quali il mirtillo Sekoya con SanLucar fino alle nettarine piatte Ondine. Ecco – sottolinea – quest’ultimo è un progetto da citare perché, al di là dei quattro partner italiani, Agrintesa partecipa dall’inizio insieme ad aziende produttrici spagnole. Insieme stiamo introducendo un’innovazione produttiva e commerciale di marca sul mercato europeo, primo caso per le drupacee”.

Senza dimenticare che con Ondine si torna a dare una identità a un territorio vocato per le pesche. “Si parla tanto del rilancio delle pesche nettarine, anche se sappiamo che non torneremo mai ai fasti di un tempo – riflette il direttore di Agrintesa – Sicuramente, però, Ondine ci permette di dare ancora un ruolo a un territorio che in questi anni per diversi motivi l’aveva smarrito. Perché, se sulle pesche piatte l’Italia ha perso la partita tanti anni fa a favore della Spagna, qui invece la partita si può ancora giocare. E proprio insieme agli spagnoli, non da soli. Perché il prodotto è innovativo e buonissimo e tutti i test sul consumatore ci confermano l’apprezzamento. C’è ancora tanto lavoro da fare, ma da una parte tutto ciò è molto sfidante per una azienda come la nostra. Ecco, forse proprio perché ci calza meglio è il progetto che mi sta appassionando di più”.

È sempre tempo di innovare

“C’è un altro aspetto su cui in questi anni abbiamo lavorato in maniera allargata e condivisa con società esterne indipendenti. Parlo della ricerca e dell’innovazione varietale. Abbiamo sotto osservazione numerose varietà di drupacee, di pere, di mele. Nel momento in cui decideremo di svilupparle, avvieremo i progetti club o le società per poterli gestire. Anche questa è una capacità non così ovvia”.

E allora si torna al progetto noci. “Questa progettualità ha un altro approccio ancora, e un’altra genesi – riassume Moretti – Partiva da una richiesta dei nostri soci di seguire questa specie, quindi ci siamo relazionati con una realtà altamente specializzata, come l’azienda forlivese San Martino di New Factor. E poi c’è Agro Noce, società di IdeaAgro, che conferisce il prodotto in Agrintesa. C’erano soci che conoscevano poco o nulla della noce e ora, attraverso il lavoro svolto, la conoscenza e l’assistenza tecnica, la divulgazione e il resto, sono nocicoltori. Un altro esempio di progetto che abbiamo attivato per rispondere ai nostri produttori ma, al tempo stesso, che ha basi solide per proseguire”.

Progetti costruiti in maniera diversa, con tempistiche diverse, con attori diversi, ma sempre con una logica di remunerazione del prodotto, qualificazione dello stesso e continuità nel tempo. “Sicuramente, per un’azienda grande come la nostra, considerata erroneamente elefantiaca, un segno di grande agilità e apertura”, dice.

Di necessità virtù

Il dinamismo aziendale è stato di certo stimolato anche dalle contingenze. “Dai tre anni su quattro di estrema riduzione produttiva, ad esempio – afferma Moretti – Dalla necessità di qualificare molte produzioni del nostro territorio, penso alle nettarine, o alle pere che stanno attraversando una crisi difficile. Abbiamo cercato di offrire ai nostri produttori alternative e opportunità che consentissero loro di diversificare, di difendersi e avere continuità”.

Un altro stimolo viene dalla velocità con cui cambiano gli scenari di mercato, di prodotto e di consumo. “Se vuoi mantenere la posizione, devi muoverti, rimodularti. Rimodularti e reinventarti”, spiega.

Emergenza climatica

Il vero problema è il climate change. “Ci preoccupa a livello produttivo – conferma il direttore di Agrintesa – Per questo siamo intervenuti attraverso una serie di azioni interne ed esterne (anche finanziate dalla Regione Emilia-Romagna, ad esempio, ndr) per difenderci al meglio dalle avversità climatiche. Avversità per le quali abbiamo chiesto ai soci di avviare una difesa attiva, quindi reti, impianti, irrigazione, antibrina, ventole e così di seguito”.

Sostenibile è anche efficientare

“Ci sono infiniti punti lungo tutta la filiera che possono essere migliorati, creando efficientamento, risparmio e sostenibilità ambientale – osserva Moretti – Penso alla logistica eccessivamente frammentata, alle migliaia di tipologie di imballo che la clientela ci impone tutti i giorni senza avere ragionato sulla razionalizzazione. Razionalizzazione, infatti, significa meno trasporto, meno consumi, meno energia, più efficienza in tutto”.

Compresa la gestione degli ordini. “Si potrebbe lavorare sulle tempistiche con cui sono gestiti, o sul servizio che spesso non è condiviso dall’inizio dalla produzione fino alla consegna al supermercato o, ancora, che non funziona in maniera circolare e quindi scarica sugli anelli vicini i costi dell’inefficienza che provocano. E non mi riferisco solo al costo in termini economici, ma anche ambientali o energetici. C’è tanto da fare. Confezioni particolari, pedane particolari, tipologie di ordini. Sicuramente si può fare molto e, intanto, perdiamo valore”.

Errore nel metodo

L’errore sta nel metodo. “Non ragioniamo sulle sinergie, ognuno fa per sé – analizza Moretti – C’è tutta una serie di situazioni che ci impongono di migliorare, non solo quello della sostenibilità, del rispetto dell’ambiente, dell’efficientamento. Ma anche sul personale, è sempre più difficile reperire figure capaci e specializzate. Il tema della manodopera, poi, è un problema in campagna, nelle nostre strutture e anche nelle strutture di vendita. Le disponibilità in termini di orari e di flessibilità sono diverse rispetto al passato, perché giustamente le persone vogliono lavorare, ma anche stare bene. Quindi è d’obbligo una maggiore programmazione, rendere il flusso meno teso, più logico e razionale. Benefici che arrivano hanno anche al consumatore. Per questo insisto che bisogna investire sulle persone”.

Specializzare persone, qualificare produzioni

Persone che faranno la differenza. “Proprio le persone, i cervelli, le professionalità sono uno dei capitali più importanti per una azienda, capaci di fare la differenza nel futuro. In grado di accompagnare questa trasformazione che è molto veloce. Penso ai droni che raccolgono, ai vitigni resistenti, al monitoraggio del bilancio del carbonio. Situazioni che necessitano di figure specifiche, ecco perché bisogna investire sulle persone”, ribadisce Cristian Moretti, che conclude: “L’altro aspetto riguarda le innovazioni di processo, di prodotto. Dobbiamo imparare a produrre rispettando l’ambiente, con meno acqua, con la massima trasparenza in tutto quello che è il processo, ma anche ottenendo un prodotto sempre più buono, sempre più gradito dal consumatore e anche nuovo per varietà, per servizio, presentazione, confezione. In una parola, produzioni qualificate”. Più chiaro di così…

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