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03 giugno 2024

Vivaismo frutticolo italiano, la certificazione volontaria

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Nell’ambito delle iniziative svoltesi all’interno del Salone del vivaismo – Plant nursery area di Macfrut 2024, eventi coordinati da Stefano Lugli, la Soi (Società di ortoflorofrutticoltura italiana) e Civi Italia (Centro interprofessionale per le attività vivaistiche) hanno organizzato la tavola rotonda Qvi – La certificazione volontaria del vivaismo frutticolo italiano: strumento di promozione o freno per la qualificazione delle produzioni vivaistiche. Al centro del focus il livello di certificazione volontaria del materiale di propagazione vegetale delle piante da frutto prodotte in Italia, in relazione ai brevetti in un’ottica di crescita e valorizzazione delle filiere produttive nazionali.

L’incontro è stato moderato da Stefano La Malfa, docente di Arboricoltura generale e coltivazioni arboree all’Università di Catania e Presidente della sezione Frutticoltura della Soi. Nell’introdurre i lavori La Malfa si è soffermato sul ruolo del vivaismo chiarendo come, sin dal titolo, il workshop avesse l’obiettivo di mettere in evidenza le potenzialità che la filiera vivaistica organizzata italiana ed europea esprime a vantaggio del comparto frutticolo e di come la certificazione volontaria, ed in particolare il marchio Qvi (Qualità Vivaistica Italia), di proprietà del Masaf, rappresenti un ulteriore elemento di garanzia a tutela degli imprenditori del settore. La Malfa ha chiarito come da parte del settore produttivo venga evidenziata l’esigenza dell’inserimento nei programmi di certificazione Qvi di quelle innovazioni varietali per le quali sono in corso le procedure per l’ottenimento della privativa.

A seguire gli interventi di Domenico Consalvo e Luigi Catalano, rispettivamente Presidente e Direttore di Civi-Italia. Entrambi hanno evidenziato come l’innovazione nel comparto del vivaismo frutticolo professionale è sinonimo della certificazione genetico-sanitaria delle produzioni vivaistiche e della protezione delle novità varietali attraverso le procedure comunitarie previste dal Cpvo (Ufficio comunitario delle varietà vegetali). Sono queste le leve più potenti per il comparto vivaistico, che concorrono altresì a definire la professionalità dei suoi operatori.

“Lo schema di certificazione volontario nazionale Qvi annovera la registrazione di 1747 accessioni di varietà che rappresentano la base per lo sviluppo delle varietà così qualificate. Di queste, meno del 10% rappresentano varietà assoggettate a Pbr (brevetti e privative). La conseguenza è che innovazione varietale e percorsi di qualificazione attraverso la certificazione volontaria Qvi sembrano mal conciliarsi tra loro. Questo vale soprattutto per le drupacee – pesco, nettarine, ciliegio e albicocche – che presentano un rapido rinnovo varietale grazie a nuovi genotipi costituiti dai molti programmi di breeding operanti a livello internazionale. Il melo registra grosse criticità, laddove le stazioni di valutazione del network Cpvo, hanno grandi ritardi nell’esamina di genotipi che invece mostrano chiare differenze fenotipiche negli ambienti dove sono stati selezionati. Si discostano da questo andamento le produzioni di piantine di fragola che sostanzialmente sono qualificate al più elevato diretto per la quasi totalità della produzione nazionale”.

Un tema centrale, dunque, rimane la celerità dei percorsi di valutazione. “I numeri delle produzioni certificate Qvi sarebbero di certo di gran lunga maggiori se le novità varietali proposte per la privativa comunitaria avessero un processo più celere di valutazione, anche con l’ausilio di test biomolecolari oggi disponibili. Le varietà per le quali non sono ancora terminati test Dus (Distinguibilità, uniformità e stabilità), pur con stato fitosanitario pienamente rispondente agli schemi di certificazione non possono essere così qualificate. L’attuale normativa comunitaria prevede la qualificazione attraverso i percorsi degli schemi di certificazione per le sole varietà iscritte ai registri ufficiali, compreso quelle che hanno ottenuto la privativa nazionale e/o comunitaria. Un intervento legislativo in tal senso ed una riorganizzazione delle stazioni che eseguono i test Dus andrebbero previste per dar forza e slancio ai programmi di certificazione volontaria, anche come strumento di prevenzione e diffusione di pericolosi agenti nocivi che si trasmettono con i materiali di propagazione vegetale”.

In un’ottica europea è stato l’intervento di Francesco Mattina, presidente Cpvo (Ufficio comunitario delle varietà vegetali).

“Il sistema di qualità del vivaismo riveste un ruolo fondamentale nel settore frutticolo, in particolare per le varietà protette da privativa varietale a livello comunitario. Questo sistema garantisce che le piante prodotte e distribuite siano di alta qualità, sane e conformi alle caratteristiche varietali richieste, il che è cruciale per mantenere la fiducia dei produttori e dei consumatori finali. In particolare, un sistema efficiente ha il merito di assicurare che le piante distribuite siano effettivamente della varietà dichiarata, evitando frodi e garantendo la purezza genetica. Esso garantisce che le piante siano sane e libere da patogeni, riducendo il rischio di malattie che potrebbero compromettere interi raccolti su larga scala; fornisce uno standard uniforme di qualità che i vivai devono rispettare, assicurando una produzione di piante omogenea e affidabile, e contribuisce alla sostenibilità economica del settore, poiché i produttori possono contare su piante che daranno frutti di qualità elevata e costante, migliorando la redditività degli agricoltori. Le varietà protette da privativa varietale sono soggette a diritti di proprietà intellettuale specifici. Questo tipo di protezione garantisce ai costitutori di nuove varietà vegetali il diritto esclusivo di sfruttamento commerciale per un periodo di tempo determinato, incentivando l’innovazione e la ricerca nel settore agricolo”.

Mattina ha poi fatto una proposta sulla riconoscibilità delle varietà protette. “Sarebbe auspicabile l’adozione di un simbolo di riconoscimento per le varietà protette da privativa varietale, analogamente a quanto avviene per i marchi d’impresa ed il copyright. Un tale simbolo potrebbe rendere immediatamente riconoscibili le varietà protette da privativa varietale, aiutando agricoltori, distributori e consumatori ad identificarle facilmente. Inoltre, potrebbe contribuire a rafforzare la tutela legale delle varietà vegetali, rendendo l’applicazione dei diritti di privativa varietale e la lotta contro le violazioni meno complicate. Aumenterebbe altresì il valore percepito delle varietà vegetali protette, contribuendo ad un maggior apprezzamento dell’intenso lavoro di ricerca e sviluppo effettuato per crearle. Tale attività è infatti altamente dispendiosa e richiede ingenti investimenti in programmi di ricerca e sviluppo. Da ultimo, associare il simbolo a un concetto di qualità e affidabilità, contribuirebbe a migliorare la reputazione del settore frutticolo e dei prodotti che ne derivano”.

Queste le conclusioni di Mattina. “Il sistema di qualità del vivaismo è essenziale per il settore frutticolo, in particolare per le varietà vegetali protette da privativa varietale. L’adozione di un simbolo di riconoscimento specifico per queste varietà non solo proteggerebbe meglio i diritti dei costitutori, ma contribuirebbe anche a una maggiore trasparenza e fiducia nel mercato, promuovendo al contempo l’investimento in innovazione e la qualità nel settore”.

Sull’attività del Masaf (Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste) ha parlato Bruno Carlo Faraglia Direttore Disir  produzioni vegetali.

“L’amministrazione con il Qvi ha ritenuto rafforzare l’elevata qualità dei materiali di propagazione prodotti all’interno dello schema di certificazione volontaria nazionale. Le possibilità suggerite e paventate da Mattina di mettere sui cartellini certificato i riferimenti al Cpvo per le varietà protette, conferirebbe ulteriore valore e prestigio alle produzioni italiane. Consapevoli che per la competitività dell’intero comparto ricopre molta importanza l’utilizzo di varietà protette, il ministero ha definito i centri di saggio a livello nazionale per le prove Dus, presso istituzioni organizzate e con grandi esperienze nelle valutazioni varietali delle differenti specie. Queste istituzioni potrebbero altresì candidarsi a centri di saggio anche per il Cpvo. L’attenzione e l’impegno del Masaf verso queste tematiche è sempre alta, grazie anche al continuo e costante rapporto con gli stakeholder”.

A chiudere gli interventi Davide Vernocchi, presidente di ApoConerpo. “I produttori sono da sempre attenti alla qualità dei materiali di propagazione. Produrre buona e bella frutta è la miglior leva per la competitività delle filiere frutticole italiane. A testimoniare tale aspetto vi è la partecipazione nell’interprofessione Civi-Italia. Le filiere frutticole, come ampiamente dimostrato, guardano di buon occhio produzioni che, oltre alle garanzie genetiche sanitarie proprie della certificazione volontaria, riguardano anche varietà che permettono una segmentazione sul mercato per una miglior valorizzazione delle produzioni, anche in considerazione del cambiamento climatico”.

Fonte: Macfrut

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