12 settembre 2019

Mirtilli, numeri e prospettive di una bacca sempre più trendy

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La giornata di studio organizzata da NCX Drahorad e che ha visto  il suo presidente, Thomas Drahorad, introdurre i lavori e presentare i relatori, ha portato negli spazi di FICO a Bologna i più grandi esperti internazionali del settore. A iniziare da Hans Liekens, commercial manager di EMEA – Fall Creek Farm & Nursery Inc. (USA), che nel suo intervento dal titolo “Il panorama mondiale del mirtillo: produzione e consumi”, ha presentato numeri interessanti. Significativi per gli imprenditori italiani visto che per il 2024 si prevedono ben 20 mila nuovi ettari in Europa. C’è tanto da arare ed impiantare visto che i consumi globali e totali (sia di prodotto fresco che destinato alla trasformazione industriale) sono passati dalle 864.000 tonnellate del 2016 alle 1.165.000 tonnellate del 2018. Un incremento del 35% in soli due anni.

In Gran Bretagna in un anno raddoppiato il consumo pro capite

Uno dei numeri più interessanti offerti da Liekens, belga ma con esperienza in molte importanti multinazionali come ad esempio  Chiquita, fotografa bene il mutamento nel consumo dei mirtilli. “In Gran Bretagna la penetrazione del mirtillo è passata dal 2017 al 2018 dal 45 al 50% ma soprattutto il consumo pro capite da 836 a 1392 grammi con un + 66,5%”. Il consumatore britannico ha decisamente sposato il piccolo frutto. La produzione europea non basta e non basterà, anche per via della stagionalità del frutto, e già si candida un paese come il Marocco che sta investendo sul mirtillo. “Oggi manca la manodopera, ma quando si alza la domanda si inventano macchine e tecnologie che permettono l’automazione”. Un futuro con i robot nei campi.

Aumentano i formati: da 125 a 500 grammi

Rafael Barona Martinez, procurement manager di Berry Gardens (UK), nella sua relazione, “Regno Unito: il mercato dei berries e le azioni di supporto al dettaglio”, ha confermato il boom britannico dei piccoli frutti. Se banane, uva e mele stanno vivendo una situazione di “deflazione” ovvero scendono i prezzi ma non aumentano i consumi, per i piccoli frutti si registra un vera e propria impennata. Si è passati dai 400 milioni del 2004 a 1 miliardo e 400 milioni di sterline nel 2018. “Se il consumo del mirtillo cresceva del 24% nel 2014, nel 2018 conserva un buon 12%”, sottolinea Martinez che ha illustrato il piano di valorizzazione commerciale portato avanti dalla BSF (British Summer Fruit) basato su promozione, eventi, ricerca e consulenza ai venditori. “Si è visto che le famiglie cercano confezioni da 500 grammi rispetto ai classici 125, È stato raccomandato questo formato”. Consiglio poi recepito concretamente.

Il caso cileno: da pionieri a produttori e venditori maturi

Per tagliare traguardi è fondamentale la cooperazione tra privato e pubblico. Messaggio di Andrés Armstrong, executive director del Chilean Blueberry Committee (Cile) che ha illustrato la strategia cilena dalle origini. Il paese, primo esportatore al mondo, ha “scoperto” il mirtillo 30 anni fa per rispondere alla domanda espressa dagli USA. Oggi le esportazioni del paese sudamericano valgono 110 mila tonnellate di prodotto fresco, più 40 mila congelato mentre il mercato interno vale 3 mila tonnellate per 1400 produttori e 150 esportatori.

Il settore tira ed è diventato maturo, ben il 21% dei 16 mila ettari totali è dedicato al biologico, ma bisogna prepararsi alle sfide di nuovi concorrenti come i peruviani. “C’è mancanza di manodopera e per supplire a questo si sono impiegati lavoratori da Haiti e dal Venezuela. Puntiamo poi sulla qualità attraverso l’abbandono delle varietà meno pregiate, le certificazioni, la scelta delle varietà con una shelf-life più lunga. Negli USA è calato il prezzo e abbiamo puntato così a differenziare i mercati con promozioni in Europa e Asia”. Azioni pubblicitarie nei cinema, nei punti vendita ma pure distributori automatici dedicati al mirtillo.

Comunicazione, eventi e l'endorsement della comunità scientifica

La fotografia dei mercati mondiali porta speranza per gli investimenti nazionali in questo frutto. Ma serve una spinta. A questo proposito il presidente Drahorad ha presentato la seconda parte della giornata dedicata al marketing. Claudio Scalise, amministratore unico di SG Marketing , ha illustrato il progetto di valorizzazione della frutta secca in Italia. Case history di successo. La comunicazione, iniziata nel 2008, si è basata sulla valorizzazione degli effetti benefici del consumo del prodotto, supportata da un comitato scientifico, e sulla versatilità e praticità del consumo. Il menù confezionato ha permesso un consumo non più stagionale, prima concentrato al 80% tra ottobre e gennaio, e i consumi sono raddoppiati: da 475 milioni del 2012 al quasi miliardo (966 milioni) dell’ultimo anno.

Come ha illustrato Scalise e sottolineato Costanza Nosi, professore associato di Management e Marketing all’Università LUMSA (Roma), i cibi non diventano celebrities per pura casualità. C’è dietro un gran lavoro, un immenso sforzo di narrazione dietro il boom di quinoa, cavolo riccio (kale) e avocado. In particolare in tempi dove domina la “fame visiva” dei social e dove il cibo si “mangia con gli occhi”. Bene investire su questo campo – cercando l’endorsement della scienza e lavorando in un network – ma attenzione agli epic fail che possono vanificare velocemente i risultati raggiunti.

Mirtillo: poco spazio sullo scaffale, grande valore

Marco Repezza, senior business partner di Trade Marketing Studio, nel suo intervento ha messo in rilievo i punti di debolezza: “un mercato frammentato dove nel 65% di quota si concentrano i primi dieci brand. In queste condizioni è difficile individuare un marchio”. I prezzi alti – nella sala è stata presentato un marketplace curato da myfruit sui prezzi dei diversi marchi nelle diverse insegne – sono una barriera. L’ostacolo però può diventare opportunità: “In poco spazio si concentra un grande valore economico”. In sintesi un alto valore di vendita in uno spazio ridotto dello scaffale per un frutto sempre più trendy perché considerato sano.

Tutto bene? Sembra di sì. Ma come ha indicato Andrea Grignaffini – giornalista, scrittore, docente, critico ed enogastronomo – è fondamentale rendere il frutto narrabile come altri cibi: vino, olio, formaggio. In poche parole: “Scegliere un approccio degustativo che crea impatto valoriale.

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