24 gennaio 2024

Imballaggi, ProFood: “Decisioni forti su basi deboli”

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Il 18 dicembre 2023 il Consiglio dell’Unione europea ha definito la propria proposta di regolamento su imballaggi e rifiuti da imballaggio (Ppwr), destinata a confrontarsi con quella approvata invece dal Parlamento in assemblea plenaria il 22 novembre scorso.

Le sostanziali discrepanze fra le due proposte confermano come la costruzione di questo provvedimento – negli intenti di chi l’ha proposto epocale per la sostenibilità degli imballaggi – sia instabile.

Questa instabilità è già nelle basi della proposta, ovvero nella valutazione di impatto preliminare, sottoposta a numerose osservazioni e critiche, provenienti anche da enti ed autorità interne allo stesso sistema legislativo europeo.   

Il comitato scientifico di ProFood ha a sua volta sottoposto a una analisi metodologica complessiva la valutazione di impatto alla base del Ppwr: qui il documento completo.

Chi è ProFood

ProFood è il gruppo merceologico interno a Federazione gomma plastica (Confindustria), che raccoglie 14 aziende italiane produttrici di contenitori in materie plastiche destinati al confezionamento, alla distribuzione e al consumo di alimenti e bevande.

Le aziende associate a ProFood impiegano circa 4.500 addetti dislocati in 29 impianti produttivi in Italia e all’estero, sviluppano un fatturato di 1,5 miliardi e rappresentano oltre il 70% della produzione italiana di settore (Epd imballaggi).

Il punto di vista delle aziende produttrici

L’ analisi evidenzia numerosi limiti e carenze della valutazione di impatto, in quanto: si riferisce a più modelli di analisi per le valutazioni ambientali, economiche e sociali, con poca uniformità, verificabilità e riproducibilità dei risultati della valutazione d’impatto; in generale è poco trasparente sulle fonti dei dati utilizzati e sui metodi di calcolo; limita, omette o risolve sbrigativamente l’analisi di intere categorie di impatto ambientali, economiche e sociali fondamentali.

La valutazione d’impatto stima benefici ambientali ottenibili pari a meno dell’1% delle emissioni europee annue di CO2; un risultato irrisorio ma anche sovrastimato, in quanto non considera minimamente l’impatto ambientale causato dall’aumento di spreco alimentare: più studi dimostrano che il food waste dovuto al mancato utilizzo del packaging genera emissioni di CO2 cinque volte maggiori di quelle relative a produzione ed utilizzo del packaging stesso.

La valutazione non considera nemmeno, in termini di sostenibilità sociale ed economica, i potenziali rischi igienici e di sicurezza del consumatore legati all’eliminazione di imballaggi monouso per cibi e bevande.

Questa valutazione d’impatto non utilizza metodologie solide che garantiscano trasparenza dei calcoli e confrontabilità dei risultati e che si basino sull’approccio integrato del ciclo di vita, quali Lca (life cycle assessment), Lcc (life cycle costing) e S-Lca (social life cycle assessment): questi tre strumenti consentirebbero invece efficaci analisi parallele della sostenibilità ambientale, economica e sociale.

Il comitato tecnico di ProFood ha poi analizzato nel dettaglio la misura 7 (M7) della valutazione d’impatto sull’eliminazione dei cosiddetti imballaggi non necessari, presupposto e motivazione degli articoli 22 (e del relativo allegato V) e 26 del Ppwr, e il suo rapporto con la versione di Ppwr proposta dal Consiglio dell’Unione europea.

Le restrizioni all’uso di specifici imballaggi in plastica per alimenti nei settori ortofrutta e Horeca, che la versione del Consiglio propone, non trovano reali giustificazioni né nella valutazione d’impatto, né nell’introduzione o nei consideranda di apertura della proposta, né tantomeno nella neutralità di materiale affermata dall’articolo 2 del Ppwr.

La valutazione non definisce l’imballaggio non necessario/evitabile, né prova il fatto che l’aumento degli imballaggi e dei rifiuti da imballaggio sia imputabile solo/soprattutto agli imballaggi monouso plastici: l’applicazione della limitazione ai soli imballaggi in plastica si fonda su di un preconcetto verso tali imballaggi, e contrasta il principio espresso dall’articolo 2 della proposta.

La valutazione trascura il fatto che – secondo uno studio della stessa Eunomia – dal 1999 al 2015 i prodotti da mettere al bando sono stati i più virtuosi in termini di riduzione del materiale utilizzato per produrli, e quindi dei relativi rifiuti generati, a parità di caratteristiche funzionali: bicchieri e contenitori in plastica vedono ridotto il loro peso medio del 35% (contro il 10% di quelli in carta) e i vassoi in plastica del 40% (contro circa il 13% di quelli in fibra di cellulosa e carta).

Nella valutazione di questi imballaggi in plastica, inoltre, nessun valore è stato dato alla loro riciclabilità, con reimpiego diretto e immediato del riciclato post consumo (a differenza di quelli in carta e cartoncino, per cui ciò non è possibile): già oggi molti imballaggi primari per ortofrutta contengono plastica riciclata per il 70% del loro peso, quindi ben oltre gli obiettivi previsti per il 2040 da altra parte dello stesso Ppwr.

Anche la valutazione degli impatti economici previsti suscita molti dubbi: non è chiaro con quali strumenti siano state fatte le valutazioni e quale sia il loro livello di incertezza: di certo, una perdita di fatturato di 15.380 milioni e di 133mila posti di lavoro per le aziende colpite dalle limitazioni e dai bandi (spesso Pma) non è cosa da poco.

Per tutti questi motivi ProFood auspica che i prossimi passaggi legislativi tengano conto della debolezza oggettiva delle fondamenta su cui si basa il Ppwr, e siano fatti all’insegna della ragionevolezza e supportati da dati obiettivi e scevri da preconcetti ideologici: questo tema è troppo importante per gli impatti e le conseguenze che può generare per trasformarsi in una frettolosa decisione politico-elettorale.

Fonte: Pro Food 

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