25 maggio 2020

Lavoro stagionale e mele: c’è ancora da fare

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Le necessità di lavoro stagionale nel settore delle mele collimano con le operazioni di diradamento manuale, che avranno inizio a breve nei frutteti italiani, dove si colloca circa il 25% delle necessità totali annuali del settore. Per la raccolta bisognerà andare a inizio agosto per le regioni e aree più precoci e, in questa seconda fase, la domanda di supporto è di circa il 60% del totale, che si stima, a livello nazionale, in circa 20mila occupati. Sono numeri importanti, per un settore che rappresenta il 20% della produzione europea di mele, vicino a 1.500 milioni di euro di fatturato lordo totale, di cui la metà indirizzato all’esportazione.

Il blocco delle frontiere e la quarantena hanno allertato da subito Assomela, come molti enti rappresentativi del settore frutticolo, con cui si sono condivise diverse tappe di analisi e proposte per indirizzare il Governo e le autorità locali verso una soluzione in grado di coniugare da un lato la garanzia di un adeguato livello di sicurezza per gli operatori, i datori di lavoro e le loro famiglie, ma dall’altro per attivare formule di assunzione e lavoro semplici, flessibili e rispondenti alle necessità di lavoro in campo. Un esercizio certo non facile, ma assolutamente necessario.

Nei mesi di aprile e maggio, fruendo anche della ampia rete di contatti a livello europeo, in modo particolare attraverso gli scambi periodici organizzati dalle associazioni Freshfel e Areflh tra i principali produttori ortofrutticoli di altri paesi Ue, si sono monitorati gli strumenti e meccanismi messi in atto da altri stati membri, in particolare la Germania, che già da metà aprile ha autorizzato i “corridoi verdi” e la “quarantena attiva”, seguita progressivamente da Spagna, Uk e altri per arrivare alla Francia. La stessa Polonia ha nella sostanza permesso la “quarantena attiva” per facilitare il lavoro degli operai stagionali che in tal paese provengono in misura importante dall’Ucraina e quindi da un paese extraUe.

Il sofferto percorso di “regolarizzazione dei migranti”, può essere valutato per la portata sociale, ma non può essere giudicato sufficiente per dare risposta alle necessità del settore agricolo.
L’ultimo Dpcm del 17 maggio scorso ha dato invece una decisa spinta nella direzione auspicata ed accoglie diverse delle proposte inviate, in particolare con l’apertura delle frontiere dal 3 giugno prossimo ai viaggiatori provenienti da paesi Ue ed area Schengen, per i quali non sarà più prevista la “quarantena”. I lavoratori stagionali di paesi come Romania e Polonia potranno così arrivare in Italia ed essere immediatamente impiegati nei frutteti.

Resta peraltro viva la richiesta di chiarire e formalizzare la formula della “quarantena attiva” che potrebbe aiutare i lavoratori stagionali provenienti ad esempio dall’area Balcanica (Bosnia, Serbia, Kosovo, Albania, Montenegro, Macedonia), da paesi del continente africano, India ed altri paesi terzi.
Allo stesso modo, resta valida l’idea di favorire l’assunzione di lavoratori italiani disponibili, sulla base di una concreta facilitazione delle procedure di assunzione (voucher).
Attualmente, si sta lavorando a diversi livelli, nazionale e locale, per la definizione di appositi protocolli per guidare le aziende alla corretta gestione del rischio Covid, inclusivi delle buone pratiche per l’alloggio, per i trasferimenti in campo e per gestire eventuali casi di contagio che dovessero verificarsi.
Una decisione rapida, a completamento del percorso già attivato, è necessaria ed urgente per permettere alle aziende frutticole di procedere con il delicato lavoro di diradamento manuale dei frutti, alla impostazione accurata del programma di raccolta per poter mettere sul mercato frutta sicura e di qualità anche per la prossima stagione e di lavorare in condizioni di sicurezza e certezza.

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