E' una buona annata per le ciliegie del centro Italia, risparmiate dal maltempo che ha invece funestato le produzioni pugliesi e romagnole. A testimoniarlo è Renato Merzetti, titolare di Terre Sabine, Montelibretti (Roma), che tra frutteti propri e conferitori rappresenta più di 400 ettari della produzione laziale. Qui i primi stacchi sulle varietà precoci sono avvenuti l'8 maggio, con un leggero ritardo rispetto alla consueta tabella di marcia, e proseguiranno fino a metà luglio, quando si concluderà la raccolta sui frutteti in altura. A cavallo tra la fine di maggio e l'inizio di giugno si parte con la raccolta dei duroni, varietà Ravenna: “Ci aspettiamo il top: quest'anno non hanno subito il freddo, il prodotto sarà di grande qualità“, prevede Merzetti.
Quanto ai volumi, sono allineati a quelli delle scorse stagioni, sulle precoci si è perso il 15-20%, non di più, mentre per i duroni non dovrebbe esserci alcun problema. Quest'anno nella zona produttiva di Terre Sabine è piovuto molto poco e, per dirla con le parole del produttore, “Il sole fa bene alle ciliegie“. Il problema sono i costi di produzione e, di conseguenza, quelli a scaffale. “Le ciliegie sono un gioco d'azzardo – riassume Merzetti – Lo scorso anno abbiamo fatto i conti con la scarsa qualità causata dalle piogge di aprile e maggio, quest'anno le variabili sono altre“.
I costi produttivi sono raddoppiati
“Quest'anno ci troviamo a fare i conti con la maturazione scalare sulle varietà precoci – racconta – Per ogni pianta i passaggi sono raddoppiati e, di conseguenza, si moltiplicano per due i costi”. In pratica, causa sbalzi termici del mese di marzo, per ogni pianta sono necessarie sei raccolte, il doppio rispetto alle tre canoniche delle scorse stagioni. La resa per operaio è dunque molto bassa: dai 58-65 chili degli anni precedenti, ai 25 della attuale stagione. Il che, naturalmente, ha ricadute sui costi di produzione: se l'anno scorso, alla raccolta, si attestavano a circa 1,50-1,70 euro il chilo, quest'anno si aggirano attorno ai 3,40. A cui vanno sommati, come spiega Merzetti, i costi di lavorazione, che sono ingenti: “Le ciliegie richiedono un trattamento hydrocooler per abbattere, in soli 7 minuti, la temperatura da 25 a 2 gradi. Una macchina calibratrice costa 650mila euro, tanto per dare l'ordine di grandezza degli investimenti da sostenere. E poi ci sono i costi del packaging: alcune confezioni vengono fatte a mano, basti pensare al formato bicchiere”. Tirando le somme, si superano i 6 euro per chilo.
“Quest'anno il prodotto è poco perché mancano Puglia ed Emilia Romagna che hanno perso entrambe il 70% – puntualizza il produttore – Ma se le ciliegie non si vendono perché il prezzo è troppo elevato, diventano automaticamente troppe: dobbiamo trovare chi recepisce queste dinamiche, è necessario innalzare il livello di differenziazione qualitativa”.
La sensibilità della Gdo
A tal proposito, Merzetti richiama la crescente sensibilità della Gdo, sia verso il consumatore (che chiede prodotto di qualità), sia verso il fornitore (che deve far fronte ai costi di produzione alti e ai conseguenti margini esigui). Il che, spiega, di sicuro aiuta il mercato, perché si trovano accordi volti verso due direzioni: non lasciare il prodotto invenduto, e dunque non sprecarlo, offrendo, al contempo, qualità a chi acquista ciliegie. “Il nostro prodotto viene conferito totalmente a quattro catene della grande distribuzione, Coop, Conad, Carrefour, Gros – conclude – Ci si viene incontro: le vaschette da mezzo chilo le abbiamo vendute a 3,30 euro, sugli scaffali sono state messe a 3,90, ma anche in promozione a 3,49: nessuno ci guadagna, se non l'immagine del prodotto“.