Ci sono ancora troppi residui nell'ortofrutta consumata dagli italiani. E' la conclusione a cui è giunta l'edizione del dossier Stop pesticidi nel piatto, frutto dalla collaborazione tra Legambiente e Alce Nero.
I dati, il campione e i risultati in generale
Come ogni anno il report ha analizzato i dati forniti dalle Regioni e dagli enti specializzati: dai risultati emerge una situazione che non ha registrato significativi miglioramenti sia nell’uso di fitofarmaci in Italia, sia nei residui rilevati su frutta e verdura monitorate.
Le analisi sono state condotte su un totale di 5.233 campioni di prodotti animali e vegetali, anche trasformati, provenienti sia da agricoltura convenzionale, sia da quella biologica.
Per quanto riguarda l’agricoltura convenzionale (5.162 campioni), solo l’1,36% degli alimenti analizzati ha superato il Limite massimo di residuo (Lmr) o presentava sostanze non ammesse o fitofarmaci ritirati dal mercato: un dato questo in miglioramento rispetto all’edizione 2023.
Il 57,32% dei campioni è invece risultato regolare, privo di residui. A non piacere è quel restante 41,32%, il quale ha mostrato tracce di uno o più residui di fitofarmaci, con un 14,99% di monoresiduo e un 26,33% di multiresiduo.
"Un lieve peggioramento rispetto al 39,21% registrato nella rilevazione precedente", riporta il dossier.
Pere, persche e frutti esotici nel mirino
Come negli anni precedenti, la categoria maggiormente colpita dalla presenza di fitofarmaci è la frutta, che ha raggiunto il 74,11% (rispetto al 67,96% dell’anno scorso).
All’interno di questa categoria, la percentuale di irregolarità è stata dell’1,49 per cento; le specie maggiormente influenzate dalla presenza di pesticidi sono risultate, in ordine decrescente, le pere (90,73%), le pesche (85,64%) e gli agrumi (80,90%).
Quanto alle pere, sono stati analizzati 151 campioni e, sebbene solo lo 0,66% di essi sia risultato irregolare, è da rilevare che la quasi totalità (90,73%) ha mostrato la presenza di uno o più residui. Di questi, solo il 25,17% ha presentato un singolo residuo, rispetto al 65,56% dei campioni con più residui.
"Questo fenomeno - sottolinea Legambiente - è il risultato di una combinazione di fattori, tra cui le difficoltà climatiche. Temperature elevate, siccità prolungata e piogge impreviste hanno aumentato la pressione di parassiti e malattie sulle coltivazioni, spingendo gli agricoltori a ricorrere a quantità maggiori di fitofarmaci per proteggere i raccolti. Inoltre, alcuni patogeni stanno sviluppando resistenza ai trattamenti più comuni, obbligando gli agricoltori a utilizzare miscele di sostanze chimiche o ad aumentare le dosi".
Per le pesche, invece, sono stati analizzati 188 campioni e, come riportato, l’85,64% di essi è risultato contaminato da uno o più residui di fitofarmaci - sono 26 le sostanze riscontrate - mentre solo l’11,17% è risultato privo di residui.
Infine la frutta esotica, che anche nel 2024 ha registrato il tasso più alto di irregolarità, pari al 5,66%, in calo rispetto alla rilevazione precedente (7,41%). Una diminuzione che probabilmente si spiega con un altro dato: una parte significativa di questi frutti, in particolare banane, kiwi e mango, proviene dall’Italia.
Va meglio la verdura, ma non i peperoni
Passando agli ortaggi, si osserva una maggiore percentuale di campioni privi di residui rispetto alla frutta, pari al 63,49%, con un tasso di irregolarità che si attesta al 2,02 per cento.
I prodotti su cui è stata rilevata maggiore presenza di residui sono i peperoni (59,55%), le insalate (56,52%) e i pomodori (51,52%). In particolare, i peperoni hanno mostrato la percentuale più alta di irregolarità, con un valore del 7,87 per cento.
E proprio sui peperoni, particolarmente vulnerabili a una varietà di patogeni durante le diverse fasi del suo ciclo produttivo, si sofferma l'analisi di Legambiente: "In Italia - si legge nel report - il 62% delle famiglie consuma regolarmente peperoni, con una prevalenza maggiore al sud. Vista l’importanza di questa coltura nella dieta nazionale, è cruciale adottare pratiche di produzione sostenibile per ridurre l’impatto ambientale e proteggere la salute dei consumatori. L’analisi di 89 campioni ha rivelato che il 59,55% conteneva residui di pesticidi, con un incremento rispetto al 53,85% riscontrato in analisi precedenti. Preoccupa in particolare la presenza di residui multipli, che riguardano il 44,94% dei campioni, contro il 14,61% di quelli con un solo residuo. Inoltre, il 7,87% dei campioni è risultato irregolare, rappresentando la percentuale più alta registrata tra tutte le rilevazioni, con violazioni dei limiti di residuo, soprattutto in campioni di origine extraeuropea".
Il punto sul biologico
E i prodotti bio sono esenti da residui? Sì, ma non troppi. Sono infatti stati esaminati 71 campioni di frutta, verdura, prodotti trasformati e alimenti di origine animale. Di questi, il 92,96% è risultato conforme, senza residui. Inoltre, non sono stati rilevati superamenti dei Limiti massimi di residuo (Lmr), un dato positivo rispetto alla rilevazione precedente.
Tuttavia, il 7,04% dei campioni analizzati ha mostrato uno o più residui.