13 luglio 2020

Trasporti marittimi, al lavoro per il porto del futuro (prossimo)

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Un progetto finalizzato a delineare la logistica portuale del futuro. Si tratta del DocksTheFuture, il cui intento è mettere a punto il concept di quelli che saranno i porti nel 2030. Avviato a gennaio 2018, ha una durata di 30 mesi e ha ricevuto dalla commissione europea un budget di circa 1,2 milioni di euro. Per favorire lo sviluppo del progetto, recentemente è nato un network di porti innovativi.

Digitalizzazione, semplificazione e rinnovabili

Il progetto DocksTheFuture è stato selezionato da Inea (Innovation and Networks Executive Agency), l'agenzia esecutiva per l'innovazione e le reti che gestisce i programmi di infrastruttura e di ricerca dell'Ue nei settori dei trasporti, dell'energia e delle telecomunicazioni, nell’ambito del programma Horizon 2020 e, in particolare, all’interno della challenge “smart, green and integrated transport” che racchiude sfere di interesse quali il trasporto aereo, le infrastrutture, i veicoli ecologici, la cosiddetta crescita blu (crescita sostenibile nei settori marino e marittimo).

Il progetto dovrà rispondere a problematiche relative alla semplificazione e digitalizzazione dei processi, ai dragaggi, alla riduzione delle emissioni inquinanti, alla transizione energetica, alle reti elettriche intelligenti, alla relazione tra il porto e la città e all’utilizzo di fonti di energia rinnovabili.

Capo progetto è l'italiana Circle, società che opera nel settore portuale e nella logistica intermodale; i partner sono l’Università degli  studi di Genova, l'Institut für Seeverkehrswirtschaft und logistik (Germania), e le società di consulenza estere Magellan (Portogallo) e PortsExpertise (Belgio).

Le finalità del network

Recentemente, in seno al progetto, è stato creato il “network of excellence”, ossia una rete che riunisce i porti più innovativi interessati a collaborare per definire e intraprendere azioni tese al raggiungimento degli obiettivi dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Al network hanno per il momento aderito i porti spagnoli di Barcellona e Valencia, quello svedese di Ystad, l’autorità di sistema portuale del mar Tirreno centro settentrionale (dunque i porti di Civitavecchia, Fiumicino, Gaeta), l’autorità portuale di Gijon (Spagna) e il porto de Aveiro (Portogallo).

La rete promuove l’utilizzo di nuove tecnologie a supporto dell’industria portuale, e renderà più proficuo il dialogo con altre organizzazioni, come ad esempio le piattaforme tecnologiche europee, le associazioni internazionali e i poli marittimi. Le prime tematiche affrontate riguardano l’efficienza energetica, i carburanti alternativi (biocarburanti, idrogeno), il sistema di infrastrutture di trasporto sostenibile e resiliente, le tecnologie emergenti e la digitalizzazione della catena logistica, la cyber security, gli strumenti finanziari innovativi, il trasporto multimodale e l’economia circolare.

Intanto, a Venezia…

Mentre si pongono le basi per porti efficienti e sostenibili, Alessandro Santi, presidente degli agenti marittimi di Venezia e coordinatore della community degli operatori portuali e marittimi della Laguna, ha scritto al ministro dei Trasporti e delle infrastrutture, Paola De Micheli. Nella missiva – che peraltro non è la prima – Santi, a nome degli imprenditori e lavoratori veneziani, ricorda che la comunità portuale di Venezia significa 22mila posti di lavoro, 6,6 miliardi di fatturato, ma anche l’hub principale per il polo industriale del nord est italiano. Gli imprenditori denunciano cinque mesi di silenzio, un periodo troppo lungo senza risposte, che ha fatto crescere la rabbia in un porto che rischia di chiudere “per impraticabilità del campo” visto che la manutenzione dei canali non viene effettuata da anni e le navi non riescono più a entrare e ormeggiarsi alle banchine e che dalle istituzioni nazionali non arriva neppure un segnale di attenzione.

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