Il primo gennaio 2021, per effetto della Brexit, lo scambio merci tra Regno Unito e Unione europea avrà nuove norme e qualche complicazione in più, perché di fatto non sarà più libero. Ma c'è ancora una speranza: tra circa 48 ore si conoscerà l'esito del negoziato che potrebbe portare a un accordo tra le parti e, dunque, semplificare la movimentazione dei prodotti. L'argomento è stato dibattuto, ieri, durante il webinar “La Gran Bretagna fuori dalla Unione europea: cosa cambia per gli operatori dell’ortofrutta dal primo gennaio 2021”, oprganizzato da Cso Italy, Fruitimprese, ufficio italiano del Department for international trade britannico e dallo spedizioniere specializzato nella gestione dei traffici internazionali dell’ortofrutta Dcs Tramaco.
“Non vi è alcun dubbio – ha sintetizzato Paolo Bruni, presidente di Cso Italy – che dover considerare l'Uk come paese terzo, di fatto sconvolge gli operatori ortofrutticoli europei, e dunque italiani. Auguriamoci che il consiglio europeo possa raggiungere un accordo“.
In caso contrario, quello descritto da Bruni è uno scenario governato dal caos: lunghe attese alle frontiere, inedite pratiche doganali, dazi, burocrazia, visto per la circolazione degli operatori: “Oltretutto – ha sottolineato – occorre considerare la deperibilità dei prodotti ortofrutticoli, i quali non possono permettersi lungaggini”.
La Gran Bretagna, un mercato significativo
Il Regno Unito per l'Italia dell'ortofrutta è un mercato significativo: la media degli ultimi cinque anni è di 140mila tonnellate di prodotti ortofrutticoli esportati ogni anno: “A valore, il Regno Unito si posiziona al quarto posto tra i nostri partner strategici – ha riferito Marco Salvi, presidente di Fruitimprese – Si tratta di un fatturato di 250 milioni di euro“. Prodotto più esportato, per un totale di circa 40mila tonnellate l'anno, le mele, seguite da kiwi e uva da tavola.
“I dubbi da chiarire sono tanti – ha aggiunto Paolo Triossi, amministratore delegato di Dcs Tramaco – e riguardano i controlli fitosanitari, gli aspetti doganali, i dazi. Per poter continuare a lavorare, occorre chiarezza”.
Che cosa cambia e che cosa fare
Dubbi che Davide Tentori, senior trade policy advisor, e Anita Nappo, direttrice dell’ufficio per gli affari europei dell’ambasciata Britannica di Roma, hanno provato a chiarire delineando cosa cambierà dal primo gennaio 2021. Per prima cosa, ci saranno controlli sul movimento merci in entrata e in uscita dall'Uk: gli operatori si dovranno dotare di un codice Eori (Economic operator registration and identification), volto al tracciamento degli espletamenti doganali in import e in export, e sarà bene chiarire alcuni aspetti con il partner commerciale inglese: “Consigliamo di valutare di rivolgersi a un intermediario doganale – ha esordito Tentori – Le autorizzazioni dell'operatore economico (Aeo) non avranno più valore, mentre occorrerà produrre dichiarazioni doganali, perché non si tratta più di scambi tra stati membri, ma di export vero e proprio. Inoltre si dovrà tener conto del nuovo regime Iva”.
Un ruolo centrale lo avrà l'Uk border operating model, un documento – scaricabile dal web – su cui si basano le operazioni di gestione di confine: “Trattandosi di vera e propria esportazione – ha ricordato Nappo – è necessario instaurare un dialogo tra le parti e assicurarsi che tutta la documentazione prodotta sia corretta e compresa”.
Per l'ortofrutta è aprile il mese clou
I cambiamenti dovrebbero – il condizionale è ancora d'obbligo – entrare in vigore in tre fasi, a gennaio, ad aprile e a luglio del prossimo anno: “Per frutta e ortaggi – ha spiegato la direttrice – le novità entrano nel concreto con il secondo step”. Da aprile, infatti, i prodotti ortofrutticoli dovranno essere accompagnati da una pre-notifica e sarà cruciale il cosiddetto certificato sanitario: “Tale documento è di competenza dell'operatore italiano – ha puntualizzato Nappo – Ed è quindi suo compito verificarne, prima dell'esportazione, la necessità. All'operatore spetta anche il compito di espletare eventuali analisi di laboratorio“.
Con il terzo step, quello di luglio, verranno messi a punto i border control post, ossia siti designati ai controlli specifici su prodotti vegetali e animali in ingresso nel Regno Unito. Anche in questo caso, è l'operatore italiano a dover individuare il sito specifico per la merce oggetto del trasporto, merce che dovrà sempre essere accompagnata dal documento sanitario che ne attesti la salubrità.
I punti da chiarire, secondo quanto riportato dai rappresentanti dell’ufficio per gli affari europei dell’ambasciata Britannica, sono ancora parecchi, e riguardano anche etichettatura e indicazione geografica di alimenti e bevande: “Per le etichette e i marchi è stato dato un periodo di grazia di un anno – ha precisato Nappo – Non è ancora certa l'equivalenza dei prodotti biologici, ma di sicuro il logo dell'Ue non sarà più valido. Per i prodotti Dop (Denominazione di origine protetta) e Igp (Indicazione geografica protetta) la Gran Bretagna si doterà di un proprio registro“.
“La Gran Bretagna – ha concluso la direttrice – ha individuato una serie di precisazioni circa le caratteristiche organolettiche e di qualità dei prodotti in entrata i quali, per esempio, non devono essere intaccati da patogeni, devono essere intatti e sufficientemente maturi. Lo scopo è la salvaguardia della tutela della salute dei cittadini britannici“.