01 dicembre 2020

Cambiamenti climatici: la parola d’ordine è integrazione

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Un intenso e articolato scambio si è tenuto ieri durante il webinar organizzato da myfruit.TV “Cambiamenti climatici e miglioramento genetico: come evolve la geografia della produzione ortofrutticola in Italia”.

Facendo sintesi, sono tre gli spunti di riflessione su cui la filiera dovrà mantenere alta l'attenzione: il cambiamento climatico è un rischio, ma è anche un'opportunità; l'agricoltore e il consumatore sono alla ricerca della biodiversità; solo l'integrazione di nuove scoperte in campo genetico e tecnologico sortirà effetti concreti.

Le temperature alte sono un rischio, ma anche un'opportunità

Davide Neri, professore di arboricoltura all'Università Politecnica delle Marche

Come ha chiarito Davide Neri, professore di arboricoltura all'Università Politecnica delle Marche, limitare il concetto di cambiamento climatico all'innalzamento di qualche grado delle temperature è riduttivo: significa invece ripercussioni sul metabolismo della pianta – con le temperature che superano i 30 gradi la fotosintesi e la respirazione  delle piante C3 sono meno efficaci – vuol dire problematiche a carico degli apparati radicali – perché cresce anche la temperatura del suolo e del sottosuolo – e comporta, anche, scottature dei frutti: “Se non si interviene – ha puntualizzato Neri – il cambiamento climatico ha ripercussioni pesanti sulla produttività”.

Giuliano Dradi, direttore generale di Battistini Vivai

Sui rischi dei cambiamenti climatici anche Giuliano Dradi, direttore generale di Battistini Vivai: “Non solo innalzamento delle temperature, ma anche disponibilità d'acqua – ha puntualizzato – Il che può significare siccità, ma anche precipitazioni alterate. Siamo chiamati a sperimentare nuovi portinnesti, che devono adattarsi alle mutate condizioni climatiche. Non una soluzione per tutti, ma tante soluzioni, che tengano conto dell'adattamento al terreno, della stabilità strutturale, della resistenza alle malattie”.

“In inverno se le temperature sono meno fredde – ha fatto poi notare Neri – alcune colture si possono espandere in nuovi areali, come è il caso dell'olivo sulle colline romagnole, fino a 40 anni fa impensabile. Ma entrare in un nuovo clima non è facile, perché le piante rischiano di trovarsi poco protette”.

“A complicare il quadro – ha evidenziato Dradi – ci sono le nuove malattie, frutto della globalizzazione. Il numero di principi attivi che si possono impiegare, però, è sempre più basso: il ruolo del portinnesto è fondamentale, il che non significa mandare in pensione i portinnesti tradizionali, ma affiancare loro quelli innovativi”.

“Per rispondere al cambiamento – ha precisato Dradi – non si può prescindere dalla collaborazione con le università perché, quando si introduce un nuovo portinnesto, occorre fare una serie di valutazioni, che vanno dal sistema di allevamento alla densità di impianto, fino alla vigoria”.

Stefano Carducci, commercial manager vegetable seeds business unit Syngenta Italia

“La sfida – ha precisato Stefano Carducci, commercial manager vegetable seeds business unit Syngenta Italia. – è riuscire a trovare nuove varietà di largo consumo, in grado di includere la qualità a tutto tondo: resistenza ai patogeni, sostenibilità della produzione, ma anche gusto e aspetto estetico”.

La tecnologia e la ricerca non si possono fermare

“Far fronte al cambiamento climatico – ha proseguito Neri – significa dunque mettere a punto un approccio intelligente per risolvere un problema complesso. L'obiettivo è ricercare soluzioni che diano risultati costanti, in un contesto molto variabile: la parola chiave è resilienza”. Un approccio che per essere efficace deve coinvolgere tutta la filiera: “Solo se si integrano diverse soluzioni si può arrivare a una risposta concreta contro il cambiamento climatico”, ha sintetizzato Carducci.

Giuseppe Netti, technical manager Gruppo Arrigoni

Soluzioni che includono miglioramento genetico, tecnologie, digitalizzazione, portinnesti innovativi e, anche, protezioni agrotessili: “Oggi il mercato chiede un elevato grado di specializzazione nel mondo delle coperture – ha spiegato Giuseppe Netti, technical manager Gruppo Arrigoni – Si è passati dalla classica copertura antipioggia, a protezioni alternative, efficaci contro gli insetti alieni e contro gli eventi atmosferici anche molto violenti, come il vento forte e le bombe d'acqua”.

Netti ha anche ricordato l'importanza delle protezioni per migliorare le condizioni ambientali della coltura: “Molte colture sono state delocalizzate – ha precisato ricordando il caso dei piccoli frutti coltivati in Africa – Abbattere le alte temperature con schermi termoriflettenti, poter regolare l'umidità e la luce, sono le nuove sfide a cui siamo chiamati a rispondere”.

La risposta è la varietà

Dunque le sfide messe in atto dai cambiamenti climatici sono numerose; secondo Carducci, sul fronte della genetica, la risposta è una sola, ossia varietà: “Lo scopo è trovare nuovi ibridi e sementi garantite in grado di resistere e performare anche in condizioni climatiche mutate – ha chiarito – Ma occorre dare un contributo significativo anche alla sostenibilità: mettere a punto varietà resistenti ai patogeni significa utilizzare meno chimica in campo, dare vita a prodotti ortofrutticoli con shelf life più lunga vuol dire minori sprechi. La sfida è anticipare di dieci anni le caratteristiche che dovranno avere le varietà future per avere successo sul mercato“.

“Selezione significa conservare gli aspetti migliori insiti nella genetica delle piante – ha concluso Neri – Dobbiamo avere maggiore rispetto della diversità, auspico maggiore biodiversità dei prodotti, consumatore e agricoltore ne hanno il diritto. Se si rinuncia, saremo più poveri. E il rischio è che i cambiamenti climatici diventino ingovernabili”.

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