Ivo Poli (nella foto), presidente dell’associazione nazionale Città del Castagno, parlando della campagna 2023 non nasconde una profonda delusione.
“Quest’anno – spiega – è stata un’annata molto anomala dal punto di vista produttivo, specialmente nel centro e nel sud della Penisola, dove si sono registrate perdite dal 40 al 60% rispetto a una produzione normale, con picchi anche di molto superiori. Un po’ meglio è andata al nord Italia, ad esempio nel Cuneese, ma in linea generale anche qui non è stata un’annata eccezionale”.
Entrando nei dettagli, Poli aggiunge: “Il calo produttivo è dovuto a molteplici fattori. In primo luogo, in primavera le piogge sono state abbondanti e questo non ha favorito l’allegagione. In estate, poi, la siccità prolungata ha fermato lo sviluppo dei frutti. Inoltre, nelle zone dove la produzione sarebbe stata anche abbondante, come ad esempio in alta Toscana, il ritardo della maturazione sta provocando grandi problemi di marciume. C’è da augurarsi che tutto ciò che è avvenuto sia un caso e non, invece, un effetto del cambiamento climatico in atto”.
La proposta di legge che attendono i produttori
Tutto è perduto? Per Poli no, ma bisogna agire in fretta. “L’auspicio – sottolinea – è che sia finalmente approvata entro l’anno la proposta di legge sulla tutela dei castagneti (Norme per la valorizzazione della castanicoltura da legno, delle filiere derivate di prodotti non legnosi e delle attività culturali collegate alla presenza storica del castagno sul territorio”, ndr), che darebbe una grande boccata d’ossigeno a tutto il sistema. Teniamo infatti presente che, in Italia, la superficie media di castagneto per azienda è di circa 1 ettaro e che la maggior parte dei castanicoltori non hanno nemmeno la partita iva. Tale situazione, estremamente frammentata, è del resto un retaggio di ciò che questo frutto ha rappresentato per secoli in passato: l’albero del pane, per cui tante famiglie possedevano qualche pianta. Se finalmente fosse approvata questa proposta di legge che attendiamo da tempo, gli stessi piccoli castanicoltori, riuniti nell’associazione locale di riferimento, potrebbero ottenere importanti contributi per la gestione del castagneto. Diversamente, vedo un futuro molto negativo per l’intero sistema castanicolo italiano, nella salvaguardia del suo patrimonio tradizionale. Entro una ventina d’anni, se non si interviene, potrebbe andare tutto perduto. Il castagneto, infatti, ha bisogno di cure. Oggi, ad esempio, dobbiamo affrontare sfide molto complesse, dal male dell’inchiostro al cancro corticale”.
Perplessità sui castagneti di pianura
Poli, del resto, non crede molto nello sviluppo dei castagneti di pianura. “Secondo voi – chiede provocatoriamente – nessuno in passato ci ha mai provato? Il castagno ha bisogno di un terreno con determinate caratteristiche, e anche se si introducono nuove varietà, parliamo sempre di castagno. La mia opinione è che i castagneti di pianura potrebbero rivelarsi, in prospettiva, un fallimento”.
Prezzi ok
Infine, riguardo a dinamiche commerciali e prezzi, il presidente dell’associazione nazionale Città del Castagno rileva: “L’Italia rimane il secondo paese esportatore, dopo la Cina, di castagne e prodotti trasformati a base di castagne. In annate come queste, ciò significa che aumentano sensibilmente le importazioni dall’estero. Almeno i prezzi, però, sono sostenuti. Siamo infatti sempre sopra il livello, al minimo, di 1 euro il chilo all’ingrosso. Molto meglio dell’annata 2022, quando ci furono casi anche di castagne vendite a 0,20-0,40 centesimi”, conclude Ivo Poli.