I consumi agroalimentari, che non avevano subito il contraccolpo dell'emergenza sanitaria, sono messi a dura prova dalla guerra in Ucraina e dalle conseguenze che il conflitto sta avendo sull'economia globale.
Lo scenario lo disegna Cia, che in una nota scrive: “Bisogna fermare l'effetto domino che dalla pandemia alla guerra in Ucraina sta scombinando pesantemente mercati e consumi, portando i prezzi delle materie prime, oggi già a +200%, e dei prodotti agroalimentari sugli scaffali, ampiamente oltre la sostenibilità. L'economia di famiglie e imprese va rispettata e tutelata lavorando contro le speculazioni”.
Per Cia, dunque, serve stringere i tempi per dare garanzie in primis agli agricoltori, i quali stanno pagando fertilizzanti, mangimi ed energia il triplo e il doppio del prezzo. Ma vanno rassicurati anche i consumatori, sui quali si ripercuote l'inflazione sul food, salita in media del 4,6 per cento.
Istat: la fiducia precipita
A confermare il morale basso, le stime di Istat: l'indice della fiducia dei consumatori, a marzo, è passato da 112,4 a 100,8, mentre quello delle imprese da 107,9 a 105, facendo registrare il valore più basso da gennaio 2021.
Restando sul settore ortofrutticolo, gli aumenti di benzina e gasolio, e quindi dei costi di produzione, si stanno ripercuotendo a cascata su tutta la filiera, dal produttore al consumatore, passando per imballaggi e logistica. E infatti le stime di Istat dicono che il prezzo di frutta e verdura nel carrello è salito rispettivamente del 7 e del 17 per cento.
Rincari dovuti al caro gasolio
In un Paese come l’Italia dove l’85% delle merci per arrivare sugli scaffali viaggia su strada l’aumento dei prezzi di benzina e gasolio – sottolinea Coldiretti – ha un effetto valanga sui costi delle imprese e sulla spesa di consumatori. L’aumento dei costi si estende all’intera filiera agroalimentare, dai campi all’industria di trasformazione fino alla conservazione e alla distribuzione”.
“Bisogna intervenire per contenere il caro energia e ridurre la dipendenza dall’estero per l’importazione di prodotti alimentari – afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – l’Italia deve puntare ad aumentare la propria produzione di cibo recuperando lo spazio fino a oggi occupato dalle importazioni che sono sempre più esposte a tensioni internazionali e di mercato, lavorando per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali”.
La fotografia di Ismea sull'ortofrutta
A confermare la tendenza dei prezzi al rialzo anche nel segmento ortofrutta il report Agrimercati di Ismea riferito al quarto trimestre 2021, dunque ancor prima che scoppiasse il conflitto bellico.
Secondo Ismea, la filiera ortofrutticola ha registrato aumenti di prezzo, su base annua, a doppia cifra nelle diverse fasi di scambio. Le ragioni di questa tendenza sono in prima battuta riconducibili al basso livello di offerta di molti prodotti, penalizzati dalla scarsa produzione sia di alcune specie in pieno campo – per esempio pere, kiwi, clementine e arance, cavolfiori, broccoli, carciofi, finocchi – sia degli ortaggi in coltura protetta quali pomodori, zucchine e cetrioli.
Per quanto concerne gli acquisti al dettaglio, si è tornati su livelli simili a quelli del 2019, dopo l’exploit del 2020 determinato dalle misure restrittive per fronteggiare la pandemia.
A consuntivo dell’intero 2021, si è confermata la riduzione su base annua degli acquisti al dettaglio di ortaggi (-1,8%) e frutta (-0,9%). Tra i freschi, spicca la contrazione della spesa per patate (-9,3%), agrumi (-9,1%) e ortaggi (-1,1%), mentre complice la rivalutazione dei listini medi è cresciuta la spesa per la frutta (+2,5%).
Tra i prodotti trasformati, si segnala il calo delle vendite di conserve di pomodoro (-5,5), mentre sono ripresi i consumi di prodotti di IV gamma (+7% sia in quantità, sia in valore rispetto al 2020).
Il commercio con l’estero ha registrato un incremento del 7% del saldo della bilancia commerciale della filiera ortofrutticola, che ha raggiunto 2,8 miliardi.
L'export si è ridotto in termini di volumi (-2,9%), ma l’incremento medio dei listini (+7,7%) ha determinato un cospicuo aumento degli introiti (+4,6%).
La spesa per le importazioni è invece cresciuta del 3,6% a causa dell’aumento dei volumi importati (+2,1%) e del prezzo medio all’import (+1,5%). Sul fronte delle importazioni ha inciso in maniera particolare l’aumento registrato dagli approvvigionamenti di semilavorati e prodotti trasformati: basti pensare che le importazioni di conserve di pomodoro sono cresciute del 40% rispetto al 2020.
“Le prospettive per il 2022 – conclude il report – sono inequivocabilmente influenzate dalla crescita dei prezzi dei prodotti alimentari, dalla riduzione del potere d'acquisto delle famiglie per l'aumento delle bollette e dalla nuova incertezza sulla ripresa economica nello scenario di crisi determinato dalla guerra tra Russia e Ucraina”.