07 gennaio 2021

Datteri: lenta, ma costante, destagionalizzazione

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Non ha dubbi Jacopo Montresor, titolare di Plimont, azienda veronese impegnata nell’import e nel commercio di prodotti ortofrutticoli freschi: il dattero è destinato a diventare un prodotto da consumarsi 365 giorni all’anno. 

“Le proprietà nutritive – argomenta – ossia il tenore di zuccheri e di grassi, lo rendono un alimento da inserire nella dieta in maniera constante. Così come è già accaduto per avocado e zenzero, non mi stupirebbe se nel giro di poco tempo entrasse nel paniere dei consumi”.

Più cauta Costanza Calvini, brand manager di Madi Ventura, azienda genovese con oltre 80 anni di esperienza nel mondo della frutta secca, che comunque conferma il crescente l'interesse dei consumatori italiani verso quello che, nei testi sacri dell’Islam, è definito il “frutto sacro”: “Le vendite sono in costante crescita – esordisce – Se 10 anni fa, soprattutto nel periodo natalizio, i consumi di datteri e fichi erano paragonabili, oggi lo scenario è completamente cambiato. I primi crescono anno dopo anno, mentre i secondi continuano a perdere. Probabilmente i datteri sono apprezzati anche dai giovani, soprattutto da coloro particolarmente attenti alla dieta. Il dattero è un'interessante alternativa allo zucchero, soprattutto nella preparazione dei dolci”.

L’Italia chiede calibri grandi e qualità

Quanto alla stagione in corso, Montresor si dice soddisfatto: “A settembre siamo partiti bene – spiega l’importatore – per poi proseguire con mesi tranquilli. A dicembre, invece, complici le festività, si sono registrati i consueti incrementi di domanda. In Italia si conferma la richiesta di prodotti israeliani di alta gamma, quindi la varietà Medjoul di calibri importanti. In Spagna, invece, si predilige un prodotto di dimensioni contenute”.

Nonostante i lockdown, nonostante i punti vendita siamo rimasti meno aperti rispetto al solito – aggiunge Calvini – La stagione 2020 conferma gli stessi numeri di quella del 2019, sia nel comprato, sia nel venduto. Da dieci anni registriamo, in Italia, un constante incremento nella richiesta di dattero israeliano, più costoso, ma anche più apprezzato. Diverso il discorso per la Francia dove, per via dell'importante presenza della comunità islamica, il dattero è un prodotto molto consumato. E pertanto, sono richiesti anche i datteri tunisini, il cui prezzo è inferiore”.

Più o meno costanti, se si confronta il 2020 con il 2019, anche i prezzi: “Soprattutto per i datteri tunisini – aggiunge la manager – le annate sono regolari e le produzioni costanti. Pertanto anche il prezzo resta stabile”.

“Rispetto allo scorso anno – precisa Montresor – i prezzi della varietà Medjoul sono inferiori del 3-5 per cento. A determinare il ribasso è l’offerta dei calibri large, jumbo e super jumbo che quest’anno, per via dell’andamento climatico favorevole, è in aumento. Al contrario, solo due anni fa, per via della stagione sfavorevole, si registrò un incremento dei prezzi del 15 per cento”.

“Nonostante oggi i produttori abbiano un’impostazione moderna, siano certificati e utilizzino reti antinsetto – riferisce Calvini – le produzioni di datteri sono strettamente dipendenti dal clima. Quest'anno il prodotto tunisino è buono, ma non ottimo, risulta un po' asciutto. La qualità di quello israeliano, invece, è sempre molto alta”.

La pandemia non pesa sui datteri

Quanto all’emergenza sanitaria, non si registrano effetti sull’importazione di datteri: “Se si desiderano calibri importanti e prodotto di alta qualità – Jacopo Montresor – si deve lavorare con una programmazione ben precisa. A prescindere dal Covid, a luglio deve essere tutto stabilito. Poi, se si desidera disporre del prodotto per tutto l'anno, determinanti sono le modalità di stoccaggio e di trasporto, poiché una volta che il frutto viene staccato dalla pianta, occorre conservarlo a – 20 gradi centigradi. Il dattero, al contrario di ciò che pensano in molti, è un frutto fresco, non secco”.

“Si tratta di un prodotto di per sé stabile – chiosa Costanza Calvini – Non marcisce, ma secca. Dunque, la sua permanenza sugli scaffali, dipende molto dalla gestione e dalla conservazione in ogni fase della filiera”.

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