Nel primo concreto provvedimento del Governo per ridurre il costo del lavoro, che prevede lo stanziamento di 426 milioni di esoneri contributivi previdenziali e assistenziali, l’ortofrutta è stata esclusa. E Marco Salvi, presidente di Fruitimprese, taglia corto: “E’ incredibile e non è accettabile. Come associazione siamo impegnati da sempre per fare recuperare competitività alle nostre imprese e per rilanciare l’export di ortofrutta, seconda voce delle nostre esportazioni agroalimentari, e da sempre chiediamo che si intervenga sul costo del lavoro con sgravi contributivi che permettano la riduzione dello stesso e diano un miglior ritorno economico ai produttori. A maggior ragione non capiamo il motivo di questa esclusione”.
Se poi si considera che durante le fasi 1 e 2 , per garantire le forniture quotidiane di prodotto in condizioni di sicurezza, le imprese dell’ortofrutta hanno dovuto affrontare interventi sulle linee di lavorazione e negli ambienti di lavoro con un aggravio dei costi del 25-30% (tutti scaricati sulle imprese) i conti tornano ancora meno. “In sintesi – aggiunge Salvi – i danni da Covid hanno colpito tutti i settori, compreso il nostro. Già da giugno i consumi sono calati rapidamente; l’ortofrutta è stata danneggiata come gli altri settori”.
Troppe criticità per il settore, che è in emergenza
Il mercato della frutta estiva è condizionato da un forte calo produttivo cui non corrisponde una adeguata remunerazione dei prezzi: “Probabilmente non abbiamo spiegato in modo chiaro alla Distribuzione moderna e al mercato la situazione di emergenza che sta vivendo la produzione. Sono diversi anni che si verificano situazioni climatiche avverse, cui si aggiunge il flagello della cimice e di altre fitopatie. Un quadro di eccezionale convergenza di criticità che sta sconvolgendo il settore ortofrutticolo: solo in Emilia Romagna, secondo dati Cso Italy, negli ultimi 15 anni l’ortofrutta ha perso oltre 19mila ettari, con una accelerazione drammatica negli ultimi anni. La peschicoltura da sola in 10 anni ha perso 15mila ettari. Una enorme perdita di valore per il territorio, di posti di lavoro, di redditività per le aziende, con riflessi pesanti su tutti i settori a monte e a valle dell’impresa agricola”.
“Dopo tutto quello che il settore ha fatto in questi mesi, lavorando in condizioni precarie e difficilissime – continua Salvi – ci aspettavamo una maggiore considerazione da parte politico-istituzionale. Il nostro settore è da sempre in prima linea e ha anticipato lo spirito del Green deal e la strategia del Farm2Fork oggi annunciata dall’Unione europea. Siamo campioni di sostenibilità che per noi si chiama ‘filiera corta’, riforniamo direttamente le catene della Gdo e i Mercati generali. Ma dobbiamo tutti capire che non c’è sostenibilità ambientale senza redditività per le imprese, che sono il cuore del sistema. Concordo con Paolo De Castro che la strategia Farm2fork vada migliorata nel senso di garantire più reddito agli agricoltori; le imprese vanno incentivate e non penalizzate”.
“Ci stiamo impegnando anche per il rilancio di uno dei prodotti più tipici e vocati dell’Emilia-Romagna, la pera (leggi qui), una eccellenza produttiva del territorio che comporta elevati costi di produzione cui non corrisponde una adeguata remunerazione per le imprese agricole, con conseguente perdita importante di superfici. In Emilia Romagna, il maggiore polo produttivo di pere in Europa, abbiamo perso 6.000 ettari in dieci anni. Ben venga il progetto per valorizzare le pere sotto il comune denominatore dell’Igp sui mercati esteri e sul mercato interno, purché tutte le iniziative messe in campo abbiano un unico scopo: valorizzare il prodotto sui mercati internazionali per meglio remunerare l’anello debole della filiera che è il produttore”, prosegue Salvi che conclude: “In Emilia Romagna la pera ha già visto un importante processo di aggregazione e con il sostegno della Regione, confermato dal presidente Stefano Bonaccini e dall’assessore Alessio Mammi, sicuramente potremo rendere più competitive le nostre produzioni a fronte di una concorrenza estera sempre più agguerrita. Non c’è più tempo, dobbiamo muoverci subito, altrimenti rischiamo di perdere la leadership produttiva in Europa, con conseguenze drammatiche per l’economia dei nostri territori”.