Anche le “fave” o “favette” friulane sono state inserite nella lista dei PAT, i prodotti agroalimentari tradizionali friulani e giuliani riconosciuti dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, su proposta della Regione Friuli-Venezia Giulia.
Particolarmente curiosa è la storia di questi dolci a base di mandorle, le cui prime apparizioni sembrano risalire all’autunno del 1860, in occasione dell’inaugurazione del Castello di Miramare, presso Trieste. Furono infatti offerte a tutti gli invitati per festeggiare l’evento.
L’etimologia del loro nome, tuttavia, ha radici ben più antiche. Le “favette dei morti” – questo il nome completo – derivano questo appellativo da una credenza dell’antichità, secondo la quale si riteneva che le fave potessero mettere in comunicazione il mondo dei vivi con quello dei morti. Questo per via delle radici lunghissime della pianta, che arrivano in profondità nel terreno, ma anche per via del colore del fiore della fava, bianco con macchie nere. Le forme di queste ultime rimanderebbero peraltro a quella della lettera greca “Tau” (la nostra T), prima lettera di “Tanathos”, che significa, appunto, “morte”.
Col passare dei secoli, le fave sono state sostituite dai dolcetti che ne ricordano la forma.
La lavorazione a mano e la cottura attenta costituiscono la caratteristica principale di questo ricercato prodotto. La particolarità è nella scelta delle mandorle, che devono essere asciutte e croccanti. È infatti proprio la mandorla che assicura al prodotto gusto e morbidezza. La cottura deve essere precisa: le favette devono risultare croccanti all’esterno ma con un cuore morbido.