Non è facile, come forse di primo acchito può sembrare, fare e-commerce. Soprattutto se si vuole ragionare in termini internazionali, il commercio elettronico è una materia attentamente disciplinata e con risvolti normativi e fiscali non scontati. Ma tutto questo, se si è intenzionati a provarci, non deve spaventare, a patto che si affronti la questione con serietà. E' quanto emerso dal webinar “Le vendite e-commerce: aspetti doganali e logistici durante la fase della ripartenza”, voluto dal portale ConsulenzaAgricola e tenuto da Giuseppe De Marinis, esperto di commercio internazionale, ieri 7 luglio.
Molti gli spunti di riflessione emersi – spedizione come fattore chiave, aspetti e documenti doganali come fattore limitante, origine della marce come fattore strategico, soprattutto se di parla di Made in Italy – e interessanti i numeri su cui il commercio elettronico oggi può contare: basti pensare che l'80% degli italiani fa un acquisto online al mese. Detto questo, il successo del commercio elettronico non è scontato perché, come ha premesso De Marinis, “passa prima di tutto dalla professionalità”.
Numeri incoraggianti
Dal 2004 al 2018, lo dimostrano i numeri, il fatturato dell'e-commerce non ha mai smesso di crescere. Ma, come ha ricordato De Marinis, con la pandemia ha subito un nuovo impulso: “Il coronavirus ha dato un'ulteriore spinta al commercio elettronico e, pertanto, è plausibile che ci siano molte aziende, anche del settore agricolo e agroalimentare, che potrebbero scorgerne le opportunità“.
D'altro canto, se le cifre verranno confermate a consuntivo, nel 2020 il numero di acquirenti digitali a livello mondiale dovrebbe essere di 2.05 miliardi; si prevede che la crescita continuerà, attestandosi a 2,14 miliardi nel 2021. Ciò significa che una persona su quattro acquisterà online, il che significa il 26,7% della popolazione mondiale, che ammonta a 7,8 miliardi di persone. Entro il 2040, dicono sempre le previsioni mostrate da De Marinis, il commercio elettronico faciliterà fino al 95% degli acquisti: “Si sta formando una popolazione consapevole – spiega l'esperto – Oggi il prezzo è ancora una leva fondamentale di questa tipologia di acquisti, ma domani potrebbero essere altri gli aspetti a prevalere”. Per esempio la bontà del servizio, che già oggi è sul podio dei fattori che contribuiscono in maniera significativa alla customer experience.
Puntualità e assistenza, i fattori chiave
Da quanto riferito dal relatore, sono due i fattori che influenzano in modo importante il servizio, e dunque la riuscita della vendita tramite canale e-commerce: sono la puntualità della consegna e l'assistenza al cliente: “I ritardi delle consegne sono poco tollerati – ricorda il relatore – Così come è fondamentale il rapporto umano tra chi vende e chi compra: l'assistenza al cliente, ossia la dimostrazione che, oltre alla piattaforma, ci sono delle persone capaci di dare risposte, è ancora molto importante”.
In pratica, secondo il ragionamento di De Marinis, il commercio elettronico può rappresentare una valida opportunità per le aziende agricole e agroalimentari, a patto però che si affronti la questione con la dovuta serietà. In altre parole, può essere sì un'alternativa alla vendita diretta dei prodotti, ma deve essere una vendita strutturata, che non lasci spazio all'improvvisazione: “Occorre personale dedicato – spiega – Non si può non gestire un ordine perché si deve andare in campo o perché ci sono altri lavori ritenuti più urgenti. Occorre un approccio professionale per governare le criticità, l'e-commerce richiede istantaneità“. E le criticità, quando si parla di vendite online, sono numerose. Soprattutto se si vuole vendere all'estero.
E-commerce internazionale, per molti ma non per tutti
Soprattutto durante il lockdown, sono sorte una serie di attività e-commerce “artigianali”, molte delle quali legate proprio al settore primario. Tali esperienze, una volta rodate, hanno oggi una loro ragione d'essere e non è da escludersi che possano ulteriormente svilupparsi. Sono piattaforme primordiali, ma non per questo non remunerative: “Conosco esperienze di commercio elettronico che, pur essendo basiche – spiega l'esperto – fatturano cifre importanti. Sono aziende che vendono in Italia e in Europa, ma difficilmente varcano i confini del continente, perché con il commercio extra Ue le cose si complicano decisamente”.
Fuori dai confini europei, infatti, occorre fare i conti con le dogane e con tutto quello che ci gira attorno, ossia normativa, fiscalità, documentazioni, codici doganali, barriere, tariffe, certificati e certificazioni: “Paese che vai, regole che trovi – sintetizza – Il commercio internazionale è complesso e richiede un approccio professionale. Il più delle volte implica il ricorso a un operatore logistico specializzato“. Tradotto, significa che se per il commercio elettronico nazionale ed europeo si può tentare un approccio fai da te, con il commercio internazionale il rischio di non essere in grado di gestire i numerosi aspetti è molto elevato: “Nell'e-commerce sono fondamentali le clausole – ricorda De Marinis – Ma nel commercio internazionale, sono numerosi gli aspetti da considerare, che oltretutto variano da paese a paese”. E non si stenta a crederlo, visto che già tra i paesi europei, occorre gestire l'iva (imposta sul valore aggiunto), che può essere diversa e che è regolamentata dal diretto tributario, poiché l'e-commerce tra paesi europei attualmente si configura come vendita a distanza, ma a quanto pare già dal prossimo anno la normativa potrebbe cambiare.
Ma, tralasciando il pericoloso terreno degli aspetti normativi e tributari, che cosa occorre per mettere in piedi un'attività e-commerce?
Che cosa c'è dietro l'e-commerce
Gestione del magazzino, evasione degli ordini, organizzazione delle spedizioni, assistenza al cliente. Sono (almeno) questi gli elementi da considerare quando si progetta la vendita tramite commercio elettronico dei propri prodotti: “Per competere con milioni di player occorre garantire soluzioni logistiche standardizzate – mette in guardia il relatore – Senza una gestione accurata del magazzino e della spedizione, il fallimento è dietro l'angolo”. Si può quindi decidere di ricorrere a un dropshipper, ossia colui che penserà a gestire la spedizione. Ma i dropshipper, naturalmente, non sono tutti uguali e occorre essere in grado di selezionare quello giusto. Secondo l'esperto sono questi i criteri: deve permettere il monitoraggio delle spedizioni delle consegne al produttore, ma deve anche inviare notifiche in merito all'acquirente; deve prevedere politiche di reso vantaggiose e deve accettare più forme di pagamento: “Infine – conclude De Marinis – non deve chiedere quote per aderire al suo programma”.