Durante la puntata dello scorso 3 maggio, a “Indovina chi viene a cena”, programma che va in onda su Rai 3, si è parlato di frutta esotica. Ma, secondo Luca Garletti, Ceo di McGarlet, “si è detto solo del lato più buio e triste”.
“L’analisi della situazione esaminata dal servizio di Rai 3, secondo la mia esperienza, non può prescindere da tre aspetti fondamentali – esordisce Garletti -: l’analisi geopolitica, l’agronomia e l’analisi del contesto rispetto all’emergenza Covid-19 da cui tutti siamo colpiti. Si tratta di tre argomenti che, a mio parere, non possono prescindere da un più ampio concetto di responsabilità”. Garletti richiama l'attenzione sulla complessità del settore, fortemente strutturato e caratterizzato da quattro principali passaggi: la produzione, la logistica, la commercializzazione e la vendita. Questo ultimo step è stato, a suo avviso, negli ultimi vent’anni, quasi totalmente occupato dalla Gdo che, sfruttando la propria forza, è andata a modificare le abitudini del consumatore e, di conseguenza, del produttore: “Ogni settimana – prosegue – in uno qualsiasi dei supermercati in cui siamo abituati ad entrare, ci troviamo davanti tantissime offerte imperdibili. Spesso molte di queste badano ad un mero aspetto di marketing, senza tenere in considerazione le caratteristiche del prodotto proposto”. Ma, secondo il Ceo, non si dovrebbe prescindere dalla stagionalità e dalle caratteristiche del prodotto: “Le persone che coltivano e colgono i prodotti che acquistiamo sono quasi nella totalità i soggetti più deboli. Se compriamo un chilo di ananas a 65 centesimi, un chilo di mirtilli del Perù a 3 euro o un chilo di mango a 1,50, quando le mele del Trentino ne valgono 2, sappiamo benissimo che quel prezzo così basso è “permesso” solo dal basso valore attribuito all’attività di quelle persone”.
La responsabilità del mercato europeo
Garletti richiama poi il protocollo Global Gap,il sistema di certificazione che svolge azioni di controllo ed analisi per garantire al mercato il rispetto di determinati parametri: “Con l’ultimo decennio del secolo scorso avviene la svolta – prosegue -. Gli agronomi si impegnano a introdurre procedure alternative che possano considerarsi lodevoli. Nascono così le buone pratiche agricole, ossia quelle regole da applicare affinché vengano prodotte materie prime di alta qualità e salubrità con il minor impatto ambientale possibile”. “L’elemento veramente innovativo e decisamente importante, che è bene sottolineare – prosegue il Ceo di McGarlet – è che per ciascuna realtà non vengono valutati soltanto gli aspetti tecnici, ma anche quelli sociali. Vengono presi in considerazione parametri come i salari dei lavoratori e le loro condizioni di lavoro”. Dalla sua introduzione il mercato della Gdo europeo, a differenza di quello nordamericano ed asiatico, ha scelto di affidarsi a questa modalità di certificazione per la quale ogni anno vengono effettuate migliaia di analisi e serie visite ispettive. Rendere obbligatorie queste procedure è stata una scelta fatta a tutela di tutta la filiera: dal coltivatore al consumatore. Una scelta di responsabilità, a cui però l’ultimo anello, cioè la parte finale commerciale, non si è adeguato di conseguenza”.
L'impatto del coronavirus
L'ultimo aspetto su cui porre l’attenzione, secondo il Ceo, è legato alla situazione attuale in cui tutto il mondo si trova: “L’emergenza sanitaria in cui siamo è senza dubbio uno dei momenti più difficili e tristi del nostro tempo. Questo però non ci impedisce di cercare il lato positivo che fortunatamente esiste in ogni situazione, anche la peggiore. Questo virus può e deve essere un’occasione perché il futuro si gestisca in modo diverso”. Sì, ma come? “Creare economie virtuose, ambienti in cui ci sia alla base un’educazione responsabile e praticare azioni sostenibili significa gettare le fondamenta per un futuro più certo e responsabile. – sostiene Garletti – Sono bastati due mesi di lockdown per vedere un evidente miglioramento della qualità dell’aria che respiriamo quotidianamente e la chiusura del buco dell’ozono”.
“Il rispetto per la natura è un punto fondamentale da cui non possiamo prescindere – conclude Garletti citando Stefano Mancuso e il suo libro Verde brillante: “Le piante potrebbero benissimo vivere senza di noi; noi invece senza di loro ci estingueremmo in breve tempo”.