23 febbraio 2018

Il nuovo, grande, business per l’industria alimentare? Quello delle proteine vegetali

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Da tempo si dice che il carrello della spesa stia cambiando, o meglio, che sia già cambiato: quello che un tempo era nicchia, vedasi ad esempio il biologico, sta diventando mainstream, e sicuramente all’interno di questa rivoluzione in atto un ruolo sempre più determinante lo stanno giocando i prodotti a base di proteine vegetali.

Tralasciando le classiche indagini che vedono il numero di vegetariani in Italia talmente elevato da far diventare il nostro paese il secondo al mondo (dopo l'India) in questa particolare classifica, è però certamente evidente come il numero degli italiani che hanno ridotto il consumo di carne nella dieta cresca sempre di più.

Il numero dei cosiddetti “flexitariani” – nuovo, orrendo, termine utilizzato per indicare coloro che non sono diventati vegetariani al 100%, ma hanno comunque deciso di diminuire in modo sostanzioso il numero di proteine animali nella propria dieta quotidiana – si stima che in Italia sia arrivato intorno ai 16 milioni di persone.

FAIRR_PlantBased ProfitsCresce, insomma, il numero di persone che ha deciso di diversificare l’approvvigionamento quotidiano di proteine. Lo fa per svariati motivi, non solo salutistici, ma anche etici ed ambientali.

Ma, chi colma questa poderosa domanda, sempre più crescente non tanto e solo nel nostro paese quanto ormai in tutto il mondo? Non certo (o solo) frutta e verdura, come verrebbe spontaneo pensare. I consumi, per fortuna, stanno cambiando e una luce in fondo al tunnel dopo una quindicina di anni con segno meno (2000-2014) si vede, ma questa ondata di voglia “vegetale”, per il momento, è intercettata solo relativamente da frutta e verdura.

Il nuovo grande business, in crescita esponenziale, è in realtà rappresentato dagli alimenti prodotti a base di proteine vegetali. A studiare il fenomeno è un interessante rapporto intitolato “Plant -Based Profits: investment risks&opportunities in sustainable system” redatto da FAIRR, acronimo di Farm Animal Investment Risk and Return, un’iniziativa intrapresa da un gruppo di investitori che intende sensibilizzare l’opinione pubblica circa il benessere e l’allevamento degli animali.

Europa epicentro della rivoluzione vegetale

Le vendite globali annuali di “carne alternativa” a base vegetale sono cresciute in media dell'8% all'anno a partire dal 2010. In questo momento la crescita di questi prodotti è circa il doppio rispetto alla carne, con un fatturato annuo di circa 2 miliardi di dollari (Bloomberg Intelligence 2017). Ma, secondo le ultime stime, si prevede che questo settore crescerà, tra il 2017 e il 2021, dell’8,29% e raggiungerà un giro di affari del di 5,2 miliardi di dollari entro il 2020.

Negli Stati Uniti la vendita al dettaglio di alimenti con proteine vegetali è aumentata nel 2017 (dati ad agosto) delll’8,1%, con una crescita del 18%, ad esempio, nel solo segmento dei formaggi vegetali. È però l’Europa il più grande mercato per questi sostituti della carne, tanto che il 39% delle vendite globali avviene poprio nel vecchio continente e, visti i tassi di crescita si prevede che gli alimenti con proteine alternative potrebbero rappresentare un terzo della crescita complessiva della domanda UE di proteine nei prossimi cinque anni (Rabobank 2017).

Il rapporto, come esempio, cita due paesi: Germania e Italia. Un consumatore su cinque tedesco di età compresa tra 16 e 24 anni consuma carne vegetale: dieci anni era solo l' 1% dei tedeschi si considerava vegetariano, oggi il 7% (Mintel 2015). In Italia circa la metà dei consumatori dichiara di ridurre l' assunzione di carne rossa, mentre il 24% dichiara di aumentare la quantità di alimenti trasformati vegetariani nella propria dieta (Mintel 2017).

Quorn in vendita al Carrefour di Giussano (Mb)

Il caso Quorn

Un caso esemplificativo, ma non è ovviamente il solo, dell’esplosione dei consumi di questi alimenti è certamente quello relativo al Quorn (qui ne parlammo qualche tempo fa quando sbarcò anche in Italia). La Quorn Foods, fondata nel 1985 da Marlow Foods nel Regno Unito, produce questo “fungo non fungo” preparato in modo identico a tantissime preparazioni a base di carne e che oggi si trova in 19 paesi nel mondo: nel 2015 la società è stata acquistata da una azienda filippina di nome Monde Nissin per 550 milioni di sterline. Da allora la Quorn Foods è cresciuta in modo esponenziale, del 16% nel 2017 e la previsione per quest’anno è la stessa. E il business cresce ovunque.

Tutti a caccia delle proteine vegetali

Ovviamente l’industria alimentare si sta lanciando in questo grande mercato: il rapporto cita sia start-up americane come Impossible Foods o Beyond Meat, che hanno ricevuto finanziamenti milionari da Venture Capital, ma anche colossi alimentari come ad esempio Cargill e Tyson Foods che recentemente hanno investito in una società di nome Memphis Meats, specializzata nella produzione di questi alimenti. Si sta muovendo anche la grande distribuzione a stelle e strisce e quindi, sempre secondo il rapporto, insegne come Kroger, Ralphs, Target, Trader Joe's, Wegmans e Whole Foods hanno e stanno sviluppando sempre di più prodotti sostitutivi della carne a base di proteine vegetali. Rimanendo all'interno della distribuzione moderna il rapporto cita ad esempio anche Tesco, la nota insegna del Regno Unito. A gennaio di quest'anno ha introdotto 20 piatti pronti con opzioni a base vegetale con il suo marchio Wicked Kitchen e le ricette, ideate da un noto chef di fama internazionale, hanno ricevuto un' ampia copertura mediatica, con u target che non si rivolge sono ai vegetariani.

WhicedKitchenTescoCi saranno ancora i supermercati come li conosciamo oggi?

Certo non è semplice capire come comunicare la propria presenza ai consumatori. Secondo il Rapporto, ad esempio, non è chiaro dove posizionare questi alimenti all’interno di un supermercato: nelle corsie di carne e latte o in luoghi separati, facilmente indentificabili da chi è vegetariano, forse meno però da chi non lo è ma li vuole comunque consumare? Difficile rispondere, in effetti: questa rivoluzione comporta anche un nuovo modo, probabilmente, di pensare il supermercato del futuro, che dovrà necessariamente ridisegnare spazi e corsie in funzione di questi nuovi consumi alimentari.

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