Il carrello della spesa delle famiglie italiane, nel primo trimestre 2023, è più caro dell’8,6% rispetto al 2022. A dirlo è il report I consumi alimentari delle famiglie redatto da Ismea e basato sull’ultima rilevazione dell’Osservatorio Ismea-NielsenIQ sugli acquisti alimentari domestici.
In sintesi, secondo l’indagine, sono state comprate quantità inferiori di alimenti e bevande rispetto all’anno precedente, ma si sono spesi quasi due miliardi in più.
Nello specifico dell’ortofrutta, gli acquisti sono cresciuti del 3,3% con variazioni dei prezzi dovute anche a fattori meteorologici e produttivi. Il che, precisa Ismea, “rende difficile una lettura generalizzata“.
In ogni caso, per il settore ortofrutticolo, la maggiore spesa è da attribuire ai prodotti trasformati, i cui prezzi sono cresciuti di più rispetto a quelli dei freschi.
Lo scenario
A determinare la situazione è ancora una volta l’inflazione che, seppur in rallentamento su base annua, continua a rimanere su valori sostenuti soprattutto nel settore alimentare: secondo l’Istat, a marzo 2023, era pari al 12,6 per cento.
L’incremento medio dello scontrino dell’8,6% rilevato da Ismea riflette dunque una contrazione delle quantità acquistate e l’adozione, da parte dei consumatori, di strategie volte al risparmio.
Secondo l’analisi, a fare i maggiori sacrifici sono le famiglie con figli adolescenti, per le quali l’aumento dello scontrino rimane sotto al 2%, a fronte di un carrello che si svuota, in termini quantitativi, di quasi il 13 per cento. Di contro i nuclei familiari molto giovani e gli anziani senza figli a carico hanno invece ridotto di pochissimo i volumi acquistati, con esborsi maggiori rispettivamente del 7 e dell’11 per cento.
Ortaggi: stabili i freschi, male la IV gamma
Focalizzando l’attenzione sugli ortaggi, i quali pesano sul valore complessivo del carrello per il 10,6%, nel primo trimestre 2023 si regista una crescita della spesa pari al 3,3%, inferiore a quella degli altri comparti. Tale incremento è imputabile ai prodotti trasformati e dalle patate.
Per tutti i prodotti trasformati è stato infatti rilevato un incremento di prezzo importante, dovuto ai maggiori costi di imballaggi ed energia che ne ha in parte limitato l’acquisto in termini di volume. I più penalizzati sono i prodotti surgelati, che nel primo trimestre si ritrovano con volumi venduti ridotti di quasi il 10% a fronte di un fatturato che è aumentato dell’8,3 per cento. Ancora più importanti gli aumenti di prezzo per i prodotti a base di pomodoro che registrano incrementi di valore della spesa del 12,5%, pur in presenza di una riduzione dei volumi venduti del 9,7 per cento. La spesa per le patate è invece aumentata del 14,4%, con una riduzione dei volumi del 3,8 per cento.
Gli ortaggi freschi, invece, hanno mantenuto una certa stabilità sia in termini di volumi, sia di spesa. Non va bene la IV gamma: l’arretramento dei volumi è accompagnato da un incremento dei prezzi inferiore alla media che lascia la spesa complessiva in negativo rispetto all’analogo periodo dello scorso anno (-7% i volumi e -3,2 la spesa).
Frutta: giù spesa e volumi
Anche la frutta – che pesa per il 7,8% sul totale del carrello – ha registrato nel primo trimestre 2023 un incremento della spesa inferiore rispetto a quello degli altri comparti (+1,7%): la contrazione dei volumi acquistati è stata rilevata sia per il prodotto fresco, sia trasformato, mentre la spesa è in aumento per la frutta in guscio, gli agrumi e i trasformati. Per la frutta fresca, che pesa per il 40% sul totale, Ismea riferisce una flessione dei volumi del 4,4 per cento.
In lieve ripresa la frutta a guscio che a marzo torna a crescere in volume (+1,3%) e a valore (+4,3%). L’aumento sostanzioso dei prezzi per i prodotti trasformati penalizza i succhi di frutta che perdono l’8,8% dei volumi.
Piccoli retail e digitale perdono appeal
Infine, una riflessione sui canali distributivi: il supermercato resta quello predominante con il 40% di share e con fatturato in crescita del 9,5% sul primo trimestre 2022.
Il discount, con quota in valore del 21%, è il canale dove si registra il più importante scostamento tra aumento della spesa e riduzione dei volumi venduti. Si tratta infatti del canale dove si registra la più alta inflazione; è inoltre frequentato dalla fascia di consumatori con maggiori difficoltà economiche.
Continua a perdere appeal il piccolo dettaglio: sebbene la riduzione dei fatturati sembri contenuta (-1%), la vendita in termini di volumi evidenzia la più alta contrazione tra i canali distributivi fisici (-8%).
“A sorpresa – scrive Ismea – è il libero servizio o superette, a registrare il maggior incremento dei fatturati (+11,2%), con volumi solo in lieve contrazione rispetto all’analogo trimestre dello scorso anno (-1,2%). Più stabilizzate le vendite negli ipermercati che perdono solo l’1% in termini di volumi venduti a fronte di fatturati in crescita del 10,1 per cento”.
Infine rispetto allo scorso anno perde l’e-commerce, -8,8% il numero di famiglie acquirenti online, -5,7% il valore della spesa su questo canale. Ma gli acquisti su canali digitali restano comunque superiori del 125% rispetto al periodo pre-pandemia.