25 agosto 2020

Mele: nuova vita per gli scarti di lavorazione

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Un ingrediente da miscelare alla farina di grano per un pane a maggior contenuto di fibre e un integratore alimentare utile a contrastare i processi di ossidazione. Sono i due prodotti nati nel laboratorio Micro4Food dalla valorizzazione degli scarti della lavorazione della mela per la produzione industriale. Entrambe le linee di ricerca sono state sviluppate al parco tecnologico ‘Noi' di Bolzano dal team della microbiologa degli alimenti Raffaella Di Cagno. Dai silos dove sono raccolti i resti della lavorazione della mela emerge una nuova opportunità di produrre alimenti funzionali sostenibili, naturali e a basso costo.

Gli autori dello studio sono i ricercatori del Micro4Food Lab, specializzati nella ricerca dei processi di fermentazione in ambito alimentare e guidati da Raffaella Di Cagno e Marco Gobbetti, docenti alla Facoltà di Scienze e Tecnologia. Nei due lavori, recentemente pubblicati sulle riviste Food Chemistry e Frontiers in Microbiology, Di Cagno ha descritto il processo di fermentazione attraverso il quale il team ha ottenuto dagli scarti del frutto (perlopiù polpa e buccia) due nuovi prodotti interessanti sia per l'industria nutraceutica sia, in generale, per quella della panificazione. Si tratta, appunto, di un ingrediente in polvere da aggiungere alla farina di grano per fortificare il pane, incrementandone la disponibilità di fibre, e di un integratore alimentare, anch'esso ricco di fibre e composti fenolici, quindi con proprietà antiossidanti e anti-infiammatorie. L'innovazione è sorta nel contesto della collaborazione scientifica avviata dal laboratorio di ricerca della Libera Università di Bolzano con l'azienda Pan Surgelati, impresa altoatesina del settore alimentare e nota produttrice di strudel. La protagonista delle due linee di ricerca, sviluppate in parallelo dai ricercatori del laboratorio, non poteva che essere la regina dei frutti della provincia di Bolzano: la mela, di cui l'Alto Adige è il produttore leader in Italia, si legge in una nota dell'Università di Bolzano.

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