La dop economy tiene: nel 2020, anno funestato dalla pandemia, il valore alla produzione è stato pari a 16,6 miliardi, il che significa una perdita di soli due punti percentuali rispetto al 2019. E' quanto rileva il 19esimo rapporto Ismea-Qualivita teso a fare il punto sul settore italiano dei prodotti a denominazione geografica, dunque Dop (denominazione di origine protetta), Igp (indicazione geografica protetta) e Stg (specialità tradizionale garantita).
“Alcuni segmenti – ha fatto notare durante la presentazione di stamattina Fabio Del Bravo, dirigente Ismea – sono addirittura cresciuti. E' l'esempio di ortofrutta e cereali, che hanno registrato un incremento a doppia cifra pari al 26,9 per cento”.
Tutti i numeri del settore
A Del Bravo è spettato il compito di raccontare, con in numeri, il settore: “Il sistema delle indicazioni geografiche è pari al 19% del fatturato totale dell’agroalimentare italiano – ha spiegato – Sono 841 le indicazioni, quasi 200mila gli operatori coinvolti, 286 i consorzi autorizzati“. Quanto alla superficie interessata, si tratta di 250mila ettari, pari al 14% della sau (superficie agricola utilizzata) italiana.
Nel 2020 ha tenuto anche l'export, che con 9,5 miliardi perde solo lo 0,1% sull'anno precedente. “Si tratta del 20% nell’export agroalimentare italiano”, ha sottolineato Del Bravo.
Bene l'ortofrutta
I prodotti ortofrutticoli Dop Igp contano 118 denominazioni e 20.717 operatori che generano un valore di 404 milioni alla produzione (+26,9%) pari al 6% del segmento cibo a indicazione geografica. I dati sono complessivamente in crescita, grazie soprattutto all’incremento produttivo e di valore di alcune categorie: mele (214 milioni, +44%), frutta a guscio (44 milioni, +31%), agrumi (39 milioni, +25%) e frutta estiva (30 milioni, +17%). Le esportazioni interessano il 27% della produzione certificata e valgono 178 milioni di euro, con una crescita del 32,8 per cento. In Trentino-Alto Adige si generano circa 207 milioni di euro, seguono Sicilia e Piemonte rispettivamente con 53 e 44 milioni: le tre regioni rappresentano circa i tre quarti del valore economico della categoria degli ortofrutticoli Dop Igp.
Mauro Rosati, direttore generale di Fondazione Qualivita, ha sottolineato il lavoro fatto con la Nocciola del Piemonte Igp, le performance del Melone Mantovano Igp e il ruolo del Trentino Alto Adige, che risulta la prima regione italiana per numero di operatori impegnati nella produzione di frutta e ortaggi a indicazione geografica.
Il Veneto guida la classifica
Tutte le regioni e le province italiane registrano un impatto economico delle filiere Dop e Igp, con una maggiore concentrazione del valore nel nord Italia. A tal proposito Rosati ha riferito: “Il Veneto è la regione che conta il maggior fatturato, con quasi 3,7 miliardi. Di sicuro ha pagato l'operazione Prosecco, basti pensare che la sola provincia di Treviso vale oltre un miliardo”. Seguono l'Emilia Romagna, la Lombardia, il Piemonte e la Toscana.
“La pandemia ha fatto emergere il modello di filiera corta – ha aggiunto – E, in questo contesto, è doveroso sottolineare il livello di progresso delle filiere Dop e Igp. Penso alle celle ipogee di Melinda, le quali hanno permesso di ridurre l'impatto ambientale delle attività, o alla ricerca sul licopene portata avanti dal Consorzio del Pomodoro Pachino“.
Patuanelli: “No all'omologazione”
“Guardando i dati del report – ha concluso Stefano Patuanelli, ministro delle Politiche agricole – è innegabile che la produzione italiana sia basata su qualità ed eccellenza. A livello comunitario ci aspetta un anno impegnativo, sia per la revisione del quadro normativo dell’etichettatura, sia per quello del regolamento Dop e Igp. In questo scenario è necessario salvaguardare e tutelare l’intero sistema produttivo dai rischi che possano generare i sistemi di etichettatura fuorvianti come il Nutriscore, le fake news, i tentativi di imitazione sia sui mercati comunitari, sia su quelli terzi. Ci opporremo con forza ai modelli volti all'omologazione produttiva“.