I prodotti Dop e Igp sono certamente una risorsa dell’agroalimentare italiano, però nel mondo dell’ortofrutta stentano a decollare commercialmente. Perché? «Ci sono due problemi: da un lato di informazione, dall’altro di gestione» che secondo Stefano Franzero, direttore di Unaproa, sono interconnessi. «Da una parte il mondo dell’ortofrutta vive all’interno di una sorta di anonimato, senza un volto vero e proprio. Quindi, certamente, bisogna dare più informazioni al consumatore» I prodotti certificati potrebbero andare incontro a questa necessità, però bisogna prima risolvere le barriere gestionali che ci sono a monte: «In questo momento i volumi sono bassi, di conseguenza il ritorno economico non è adeguato ai costi di produzione». Non è così infrequente, quindi, che molte organizzazioni ortofrutticole preferiscano fare a meno della certificazione di origine dei loro prodotti, anche se avrebbero tutti i requisiti per utilizzarle. Come uscirne? «Dobbiamo riuscire ad ancorare le certificazioni di origine a strumenti economici efficienti, altrimenti rimangono un esercizio solo teorico. Non è un caso che i prodotti ortofrutticoli Dop e Igp che hanno realmente successo sono quelli che avevano alle spalle strutture economiche efficienti già esistenti alle spalle. Si veda il caso della Mela Val di Non Dop e il marchio Melinda».
17 gennaio 2013
Ortofrutta Dop e Igp. Un’occasione per uscire dall’anonimato
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