Ci voleva l’emergenza coronavirus perché in Italia ci si accorgesse dell’importanza del settore primario. Eppure, anche adesso, quando si ringrazia la filiera agroalimentare per come garantisce ogni giorno il cibo sulle tavole di tutti noi, si fa riferimento quasi esclusivamente agli addetti alla vendita al dettaglio.
Ecco allora che testate di settore, consulenti e analisti, tutti hanno una soluzione, o almeno un hashtag per tentare di sensibilizzare i consumatori (consumatori che non leggono le testate di settore) sul lavoro di imprenditori, tecnici e operai agricoli. E di tutti coloro che lavorano, confezionano, trasportano i prodotti.
Strano ma vero, chi non fa nulla per salire alle luci della ribalta, sono proprio i diretti interessati. Forse perché alle prese con problemi (vedi gelate, ma anche nuove procedure di emergenza, difficoltà nel reperimento della manodopera e nei trasporti e così via), forse perché tradizionalmente abituati ad affidarsi all’iniziativa altrui. Nessuno che abbia pensato di “rassicurare” a livello istituzionale i consumatori sulla salubrità dell’ortofrutta italiana o sui prezzi (coerenti con le difficoltà del momento) e le problematiche di un lavoro che offre sempre meno garanzie (e soddisfazioni). Nessuno fino a questo fine settimana, quando è arrivata notizia della lettera aperta inviata dall'Associazione nazionale Le donne dell'ortofrutta alla ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova, e, subito dopo, l'appello del presidente del Cso Italy, Paolo Bruni.
Qui di seguito la lettera aperta che Le donne dell'ortofrutta hanno spedito alla ministra Bellanova, invitandola a realizzare una grande campagna istituzionale per comunicare con una voce unica il valore enorme, anche sociale, del settore.
Carissima Ministra,
mai come ora si percepisce il ruolo chiave dell’agricoltura in una Italia ferita dallo tsunami coronavirus.
Emerge la primordiale forza della natura e della fertilità della terra che ci garantisce la vita.
Siamo 100 donne associate, senza scopo di lucro o finalità politiche e rappresentiamo tutta la filiera dell’ortofrutta, dalla produzione, alla commercializzazione e distribuzione, dal packaging alla logistica, al controllo qualità, fino all’export e alla comunicazione.
Un network di imprenditrici e addette del settore che ogni giorno si confronta, cerca soluzioni, lotta per ricevere risposte dal mercato, individua risposte ai tanti problemi, promuove sui media il fantastico mondo dell’ortofrutta.
Mai come in questo momento è chiaro il ruolo chiave del settore: l’Italia è, insieme alla Spagna, il primo produttore di ortofrutta del mondo. Rappresenta il 15% del valore della produzione europea. Occupava oltre un milione di addetti (dati Nomisma 2018), una enorme quantità di persone, molto più di tante industrie.
Vorremmo cogliere l’opportunità di questo momento per comunicare meglio e di più i valori del nostro settore.
Produciamo prodotti freschi, sani, sostenibili, salutari, indispensabili per mantenersi in forma e di altissima qualità.
Stagione dopo stagione siamo presenti con le nostre eccellenze su tutti i mercati. Cogliamo l’occasione per comunicare a livello istituzionale questi valori al grande pubblico!
Lo chiediamo a lei come massima esponente delle Istituzioni.
Sappiamo che ci ascolta.
Le chiediamo un grande piano di comunicazione, che rilanci l’immagine del nostro settore e dell’Italia agricola e che ci possa aiutare anche a trovare manodopera. Purtroppo, nel pieno della stagione di raccolta primaverile/estiva potrebbe succedere la catastrofe più grande: non avere manodopera e quindi non avere produzione.
È fondamentale incentivare il lavoro in agricoltura e sostenerlo con una campagna senza precedenti di valorizzazione dei valori della terra, ma anche pensando ad un sostegno concreto, affinché il lavoro stagionale in ortofrutta sia una alternativa valida alla cassa integrazione e al reddito di cittadinanza, favorendo lavoratori italiani soprattutto e lavoratori europei, i cui trasferimenti dovranno essere favoriti dai corridoi preferenziali con protocolli attivi il prima possibile.
È importantissimo cogliere l’attimo e solo lei potrà farlo.
Tutti dicono tutto in questi giorni, ma noi pensiamo che, una volta tanto, dobbiamo fare uno sforzo di coesione e comunicare con una voce unica il valore enorme, anche sociale, del settore.
In questo momento di grave emergenza sanitaria per tutto il Paese, anche Paolo Bruni, presidente del Cso Italy, interviene per ricordare la centralità del settore ortofrutticolo, oggi alle prese non solo con le conseguenze dirette e indirette del Covid-19 ma anche con le gelate tardive.
“Aprile è sempre stato un periodo di passaggio. Sta per concludersi la campagna dei prodotti invernali, le pere sono ormai terminate, mentre del kiwi è rimasto da vendere poco più del 20%. Percentuali particolarmente basse perché quest’anno abbiamo assistito a deficit produttivi importanti. Non è, però, ancora partita la stagione dei prodotti estivi, che inizierà ufficialmente a maggio al sud. In questo periodo di buco produttivo, i prodotti più caratterizzanti sono le fragole e l’asparago.
In Italia quest’anno abbiamo stimato una superficie a fragole di circa 3.646 ettari, il 4% in meno sul 2019. Attualmente in Basilicata, nell’areale del Metaponto, le raccolte sono giunte a metà della campagna mentre nell’areale dell’Agro Aversano, in Campania, hanno raggiunto circa il 30% del potenziale. Per quanto riguarda l’asparago, in questo 2020, le superfici subiscono un’inversione di tendenza dopo anni di espansione. L’estensione in Italia scende a circa 10.700 ettari complessivi (-2% sul 2019, stima Cso Italy). La flessione è dettata della Puglia mentre gli altri principali bacini produttivi appaiono grossomodo stabili. Negli ultimi giorni di marzo il deciso ritorno di freddo e i danni da vento hanno comportato un brusco arresto della raccolta in tutti i principali bacini produttivi, a partire dal settentrione fino alla Puglia. Oggi la gran parte dell’offerta proviene dalle serre che stanno fornendo prodotto da ormai oltre un mese.
Il settore continua a lavorare e a impegnarsi nonostante il momento di difficoltà, per garantire i prodotti ai consumatori. Ancora una volta quindi, di fronte all’emergenza tutto il settore agricolo, così come tutto quello agroalimentare, sta compiendo un grande sforzo da parte di persone e lavoratori consapevoli di dover continuare a fornire i beni di prima necessità. In agricoltura non esiste una produzione sospesa o ritardata e produzione agricola non significa solo raccolta, ma significa imballaggi, conservazione, cicli industriali, quindi una produzione che necessita, in clima di coronavirus, di una nuova organizzazione e tanti sforzi da parte delle aziende e delle persone.
Ma proprio perché la produzione agricola non può essere fermata o ritardata si sono generate problematiche che non erano immaginabili. Pensiamo al grosso problema della manodopera: indicativamente, secondo ultime stime, quasi 1/3 degli operai agricoli è di provenienza straniera. Operai che la chiusura delle frontiere nei Paesi Ue ed extra-Ue rischia di non fare arrivare in Italia, il che sta già mettendo in allarme i produttori agricoli. Non solo per il lavoro nei campi ma anche nei centri di lavorazione. In questa criticità, l’agricoltura potrebbe rappresentare di per sé il più grande ammortizzatore sociale in un periodo in cui molte persone sono costrette a perdere il lavoro in altri settori o ad accedere alla cassa integrazione o al reddito di emergenza.
Sul fronte dei consumi ci sono prodotti che soffrono il calo degli acquisti: in questo periodo con una frequenza alla spesa inferiore rispetto al passato la preferenza dei consumatori va verso prodotti a più lunga conservabilità cosa che penalizza,a d esempio, le fragole. Poi ci sono prodotti che invece in questo momento sono molto richiesti: pensiamo al biologico, che sta registrando incrementi di vendite importanti. Così come altri prodotti quali le arance che in questo periodo hanno visto un vero e proprio boom di richieste (anche dai Paesi Asiatici, elemento da sfruttare in positivo nel futuro) per le loro caratteristiche organolettiche che possono rafforzare le difese immunitarie, con l’alta presenza di vitamina C.
Purtroppo il Coronavirus ha avuto effetti repentini e negativi sulla circolazione delle merci sia in ambito comunitario che extracomunitario. Ad oggi la situazione è andata migliorando anche grazie alle linee guida emanate dalla Commissione Europea lo scorso 23 marzo, su pressione delle diverse Organizzazioni e Associazioni, che hanno contribuito a creare dei “corridoi preferenziali” per i prodotti e i servizi essenziali.
Diverso è invece il discorso verso Paesi extracomunitari e oltremare. L’emergenza, però, si è scatenata alla fine della campagna commerciale del kiwi, mentre possono soffrire maggiormente questa situazione le mele: si pensi all’India, che attualmente è in lockdown con decine di container verso questo paese.
Anche il clima non sta aiutando. Le coltivazioni sono state colpite da importanti gelate, in gran parte del Paese. I bruschi abbassamenti termici di fine marzo hanno interessato tutte le regioni del Settentrione senza risparmiare Puglia, Lazio e Campania. Particolarmente rilevante sembra essere l’impatto del gelo sulle drupacee, in primis Emilia-Romagna e nelle altre aree del Nord, con danni evidenti su albicocco, susino e probabilmente in misura minore su pesco e ciliegio; segnalati problemi anche per il kiwi ma emerge una forte preoccupazione anche per pere e mele in relazione alle ripetute gelate di queste ultime nottate. Una parte della produzione sarà molto probabilmente compromessa, anche se quantificare l’effettivo danno è difficile con la situazione in continua evoluzione. Contemporaneamente si continua a lavorare per combattere la cimice asiatica.
A fronte del grosso sforzo e del ruolo che l’agricoltura ha e può avere in questo contesto di difficoltà, l’appello è di intervenire per aiutare il consumo anche rassicurando il consumatore sulla qualità e sulla salubrità delle produzioni nazionali e anche con interventi forti a favore della manodopera che già su diversi tavoli si stanno sollecitando.