27 novembre 2023

Politica di marca in ortofrutta? Si può fare

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Politica di marca in ortofrutta? Si può fare. Ci stanno lavorando da cinque anni le aziende che hanno avviato la rete La Grande Bellezza Italiana. Imprenditori che stanno raccogliendo i primi frutti di questa cultura basata su marchio, riconoscibilità e distinzione che corrisponde a una pratica di attenta selezione dei prodotti scelti, spesso Igp e per questo ancorati a territori specifici.

Leonardo Odorizzi, manager della rete, ha seguito il webinar di myfruit.it dedicato alla marca dell’ortofrutta in Gdo. “Ricca di spunti per una riflessione anche lato produttori”.

Leonardo Odorizzi

Necessaria una premessa, secondo Odorizzi: “Noi siamo sul campo e sul mercato con 7mila operatori e 300 Op mentre le insegne sono poche decine e se parliamo di centrali acquisto il numero si riduce notevolmente. C’è disallineamento tra domanda e offerta. Questi numeri spiegano la difficoltà di questo processo da parte degli operatori, a parte qualche marca operante da trent’anni con un monoprodotto”.

La ricetta di La Grande Bellezza Italiana è diversa: “Una marca con cui legare diversi prodotti con alte caratteristiche qualitative che uniscono diversi territori a prescindere che siano mele o clementine. Il prodotto deve essere veicolo di valori che arriva ai consumatori”.

Come arrivare ai consumatori?

“Va bene mantenere la promessa e garantire sempre la qualità, ma non basta. Serve una strategia che mira a offrire prodotti calzati su misura e non fermarsi a dare a tutti la stessa soluzione perché ogni insegna ha la sua strategia”.

Quanto aiuta fare rete?

“Se ognuna delle 7mila imprese prende la sua strada è difficile farsi notare dal mercato e farsi riconoscere dal cliente. Se siamo aggregati il quadro si semplifica e si ha più forza così da partecipare a più fiere e investire in pubblicità. L’ eccellenza deve essere riconosciuta per arrivare al mercato”.

Un altro elemento indispensabile per affrontare con successo una politica di marca?

“Essenziale è la velocità di adattarsi alle richieste del cliente che se non vuole più la confezione da 1,5 kg allora  bisogna offrirgli quella da 1 kg. Servono anche partner affidabili. I nostri, quelli della Grande Bellezza Italiana,  arrivano anche da altri settori, anche dal mondo della moda. Si deve lavorare con figure professionali diverse”.

Quali sono i limiti nelle relazioni con la Gdo?

“Bisogna ascoltare e valutare con più attenzione le informazioni fornite dai buyer. E’ necessario sforzarsi in questa direzione, spesso si è troppo legati al vissuto giornaliero, alla dimensione del magazzino mentre il marketing in ortofrutta è trascurato”.

Ma non è finita qui, quali sono gli altri ingredienti del mix vincente?

Non dobbiamo spostare i nostri problemi al consumatore  perchè non gli interessa, o gli interessa relativamente, se ha grandinato o se si sono verificate problematiche da campo. La selezione dei prodotti deve restare molto rigida, non possiamo fare uno sconto su un prodotto a marca. Se la parte buona è poca venga pagata di più ma deve essere veramente buona”.

Un esempio concreto?

“Le clementine a marchio devono essere quelle solo con determinati calibri, non con tutti”.

C’è una ricetta ai cambiamenti climatici che fanno saltare la programmazione e fanno saltare in aria la pianificazione e i risultati attesi?

“Le varietà autoctone, spesso Igp, resistono meglio al clima, con prodotti più resilienti di altri agli agenti atmosferici perchè sono cresciuti con tempi lunghi. Possono, per esempio, affrontare con più forza un’estate siccitosa e con meno acqua. L’Igp come strumento per la resilienza climatica”.

Uno dei temi affrontati nel webinar è relativo alla segmentazione. Le stesse insegne sono partite con prodotti indifferenziati per poi aprirsi a  linee dedicate e distinte con biologico, premium, prezzo…? E’ possibile questa operazione lato produttori?

“Partiamo dal fatto che il  mercato può recepire qualsiasi cosa. Se il bio non funziona non è colpa del consumatore, in Italia si è passati dal 9 al 4% ma in altri Paesi europei  si è saliti dal 25 al 30% e lo dico io che faccio metà del fatturato in biologico. Non vale una regola assoluta. Il radicchio Igp di Verona sta registrando un gran successo al Sud dove non lo conoscevano come prodotto. Vuol dire che devi captare, differenziare ma soprattutto essere attraente”.

Nel webinar di myfruit.it e spesso nei confronti sul tema si affronta sempre il tema della comunicazione? Quanto conta?”

“Deve essere forte, per fortuna al Parlamento europeo si è cambiata strada sul packaging. Uno strumento fondamentale dove scrivo le informazioni che mi permettono di comunicare con il cliente. Un altro dato centrale è avere anche le informazioni, capire come si muove e muoverà il mercato. Serve il catasto, per fissare e aggiornare le produzioni, devo conoscere quello che arriverà sul mercato. Quante superfici sono dedicate ai cavolfiori? La risposta potrebbe essere semplice grazie al fascicolo aziendale, basta collegare tutti i dati con la somma dei fascicoli”.

Il sociologo Albert Otto Hirschman scriveva sulla necessità di valorizzare le risorse latenti, l’approccio della Grande Bellezza Italiana?

“La pera di Mantova da 25 anni ha il riconoscimento Igp ma nessuno se la filava, eppure ora sta funzionando. Il problema non è nella Gdo, noi stiamo aumentando il fatturato, vuol dire che la ricetta funziona, anche se abbiamo tantissima strada da fare. E attenzione il tasso di successo della campagna di marketing si misura con quanto entra in tasca al contadino”.

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