10 ottobre 2022

Portacontainer: è rischio carenza nel Mediterraneo

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Nuovo rischio nel trasporto marittimo dei container. Secondo la società di ricerca Maritime Strategies International all'orizzonte ci sarebbe una futura carenza di portacontainer per i servizi nel Mediterraneo. A complicare le cose sarebbe l’introduzione delle nuove norme per la protezione dell’ambiente, la quale impedirà alle navi più datate di entrare nei porti.

Le compagnie marittime, se non vorranno far mancare stiva nei servizi interni al Mediterraneo, dovranno quindi svecchiare il proprio parco ordinando nuove unità nei prossimi anni.

Navi sempre più lente

Sempre secondo Maritime Strategies International, pertanto, più della metà delle portacontainer fino a 3.900 teu disponibili attualmente saranno destinate alle rotte intra-asiatiche dove, al momento, non sussistono i limiti europei.

Ma c’è anche un altro elemento che aumenta il rischio di inefficienza in mare ed è la velocità media di navigazione. Negli ultimi mesi, infatti, complice la crisi energetica, si viaggia a rilento: è vero che si ottimizza il carburante, ma è altrettanto vero che si ha una minore offerta di stiva.

Si va piano (anche) per recuperare i noli

Non è tutto. La prima settimana di ottobre 2022 è stata registrata come la 32esima consecutiva in tema di riduzione dei noli container sulle rotte Asia-Europa e su quelle transpacifiche.

La causa principale della riduzione della domanda sarebbe da attribuire alla situazione economica e geopolitica globale, ma non mancano le reazioni da parte delle compagnie che cercano di azzerare, o almeno rallentare, la caduta libera della domanda.

Vengono così ridotti i servizi – eliminando alcune partenze o sospendendo completamente alcune rotazioni – e viene ridotta la velocità delle navi, il che diminuisce i consumi di carburante.

A tal proposito, secondo Sea-Intelligence, a ottobre 2022 i vettori toglieranno dal mercato circa un milione e mezzo di teu (unità equivalente a venti piedi). Ma è anche possibile che le partenze in bianco aumentino nelle settimane successive.

Quanto alla velocità, la società di ricerca Alphaliner rileva che molte rotazioni tra Asia ed Europa avranno un tempo di viaggio di dodici o tredici settimane, a fronte delle otto canoniche.

L'export made in Italy tiene…

Nel frattempo va detto che, complice la crisi energetica, l'impennata dei costi di produzione delle aziende e lo spettro di una recessione globale, incidono sull'esxport.

Ma, secondo l'ultimo rapporto Ismea La bilancia dell'agroalimentare italiano, il made in Italy non starebbe soffrendo: da gennaio a luglio sono stati incassati dalle vendite all'estero introiti complessivi per 34,5 miliardi, mettendo a segno un incremento di quasi il 18% sullo stesso periodo dello scorso anno.

I dati in valore naturalmente non sono esenti dalla forte spinta inflattiva, ma a crescere sarebbero anche i flussi in volume di referenze rappresentative quali pasta, prodotti della panetteria e biscotteria, vini spumanti, formaggi freschi e stagionati, prosciutti, pelati e polpe di pomodoro.

…ma l'ortofrutta soffre

L'unica eccezione, secondo Ismea, è costituita dal comparto della frutta fresca e trasformata che evidenzia una riduzione dell'export anche in valore dello 0,5% a causa delle flessioni registrate da mele, kiwi e nocciole sgusciate.

L'export cresce a due cifre sia in ambito Ue (+21% nel primo semestre del 2022) sia in ambito Paesi terzi (+16%) favorito, in questo caso, anche da un euro debole sul dollaro. Nei principali mercati di sbocco la progressione è, nell'ordine, del 11% in Germania, del 21% negli Usa, del 18% in Francia. Anche nel Regno Unito, quarta destinazione per importanza, le vendite sono aumentate del 19% a dispetto dei segnali rallentamento dei due anni precedenti che avevano alimentato diffusi timori per le conseguenze della Brexit. Da segnalare anche il forte incremento delle esportazioni verso Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca, mentre risultano in controtendenza solo i flussi verso Cina e Giappone.

Dopo il surplus registrato nel biennio 2020/21, il forte incremento del valore delle importazioni agroalimentari (+29,2% per 34,9 miliardi), sotto la spinta dei rincari delle materie prime agricole, ha riportato il saldo della bilancia commerciale in negativo, con un deficit di 381 milioni. L' andamento positivo delle importazioni è una spia della  buona tenuta dell'attività di trasformazione nonostante la forte pressione sui costi delle industrie alimentari italiane.

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