Il gelato confezionato cede il passo a quello artigianale. E’ questo, in estrema sintesi, quanto illustrato nei giorni scorsi in un servizio del Corriere della Sera, che cita dati Aidepi, l’associazione delle industrie del dolce e della pasta.
“Il gelato confezionato – scrive tra l’altro il quotidiano – ha segnato un’epoca: quella del benessere, della diffusione degli elettrodomestici, della modernità. E ora? La produzione di gelati cosiddetti «da passeggio» è scesa in Italia del 39,4% negli ultimi 10 anni. Il gelato al bar insomma non si compra quasi più: erano 65.000 le tonnellate prodotte in confezioni singole nel 2006, ora sono poco più di 39.000. Negli Anni ’60 le industrie attualizzavano i formati classici della tradizione artigianale: cialda, coppette, biscotto gelato, granite. Poi è stata la volta dei barattolini, dei bon-bon e delle torte gelato, fino ad arrivare alla svolta «salutista» degli anni zero con i mini gelati e le confezioni da conservare in congelatore solo per le occasioni speciali. E oggi? A compensare il calo del confezionato da bar ci sono i multipack e le specialità da tavola, vendute per lo più nei supermercati: +63,6% tra il 2006 e il 2015. Numeri grazie ai quali il gelato confezionato resiste alla crisi registrando 2,5 miliardi di euro di produzione, con un incremento del 37% rispetto al 2006, secondo i dati Aidepi, l’associazione delle industrie del dolce e della pasta. “Ma la verità è che si è tornati a consumare moltissimo gelato artigianale — spiega Anna Zinola, docente di psicologia del marketing all’Università di Pavia —, tanto da diventare una sorta di mania estetica: andiamo alla ricerca della nocciola di Alba e del pistacchio di Bronte, quando i più grandi produttori di nocciole sono i turchi che hanno comprato la Pernigotti. C’è un ritorno al localismo e questo ovviamente si ripercuote anche sull’industria del gelato confezionato che o va incontro alle nuove richieste o disinveste”.
Nestlè (Motta, Cremeria, Antica Gelateria del Corso) – prosegue il Corriere – ha ceduto tutto il comparto gelati alla multinazionale Froneri. E proprio nei giorni scorsi i lavoratori dello stabilimento di Parma hanno scioperato per le notizie di dismissioni evocate dai sindacati. Unilever, proprietaria dell’Algida, ha deciso di centralizzare ricerca e sviluppo del confezionato in Olanda, dismettendo a fine 2016 l’unità R&D di Caivano, stabilimento dov’è nato il Cornetto e dove ci sono stati 39 esuberi. Ma la multinazionale olandese ha anche acquisito la catena di gelaterie Grom per una cifra stimata intorno ai 40 milioni di euro….L’Italia infatti vanta, sul gelato artigianale, un primato mondiale: ne consumiamo 12 chili l’anno contro i quattro di produzione industriale. Da qui la scelta di Unilever di investire in un marchio come Grom ma anche di reagire ai cambiamenti lanciando il Cornetto veggy, quello senza glutine, il Carte d’Or senza lattosio e provando la fusione tra confezionato e artigianale. Così dopo l’approdo nella grande distribuzione, la multinazionale sta già studiando lo sbarco di Grom nei bar”.