L’inflazione galoppa al ritmo del +6,2% e con essa sono inevitabili i rincari nel carrello della spesa, con i prezzi dei prodotti alimentari che sono cresciuti del 6% rispetto ad aprile dello scorso anno (a marzo l’incremento era del 5%).
I consumatori italiani, però, secondo quanto emerge dall'indagine di Ismea (con il supporto tecnico di Nielsen), sono disposti a fare rinunce nel nome della qualità. In particolare, per frutta e verdura, il consumatore italiano continua a prediligere l'origine degli alimenti, anche a costo di spendere di più.
Le premesse
La survey condotta su un universo di tremila famiglie italiane è partita dalle attese sull’inflazione degli intervistati, dalle cui risposte emerge che oltre il 60% delle persone ha una cognizione realistica della situazione: quasi la metà degli intervistati individua il conflitto in Ucraina come la principale motivazione dell’aumento dei prezzi delle materie prime e dei costi energetici, solo il 10% associa la crescita dell’inflazione alle conseguenze della pandemia Covid.
In generale, i consumatori sono consapevoli che nei prossimi tre mesi l’inflazione continuerà a crescere: i pessimisti (rappresentati soprattutto da giovanissimi) ritengono che entro l’estate i prezzi potranno salire di oltre il 10%, gli ottimisti si attendono un rientro dell’inflazione entro il tetto del 3 per cento.
Le rinunce sostenibili
Un italiano su cinque si dice pronto a sacrificare i viaggi, il 16% a ridurre le spese per l'abbigliamento e il 12% i consumi fuori casa e l’intrattenimento. A porre i ristoranti in cima alla lista delle spese da tagliare sono soprattutto persone tra i 55 e i 64 anni (24%) e le coppie con bambini piccoli (30%), mentre i giovani si dicono disposti a rinunciare più a scarpe e vestiti (24%) e viaggi (21%) che ai consumi fuori casa (solo 19%). In generale, comunque, per quasi la totalità del campione emerge l’intenzione di salvaguardare il budget destinato alla spesa alimentare per il consumo domestico.
Punti di vendita, alla ricerca della convenienza
Le famiglie sono alla ricerca di promozioni e prezzi più convenienti: sette famiglie su dieci indicano l’ipermercato come il format in cui è possibile trovare la migliore combinazione di assortimento/offerte, mentre il 58% prevede di cambiare punto di vendita o insegna alla ricerca di maggiori sconti. Il 57% valuta di indirizzarsi verso il discount e il 35% verso i mercati rionali. La ricerca della convenienza coinvolgerà anche il web, con il 13% delle famiglie che dichiara di volersi affidare anche all’ e-commerce per fare la spesa.
Parola d'ordine razionalizzazione
Aumenta l’attitudine verso una spesa attenta e oculata: la spesa si programmerà con la lista per evitare acquisti inutili (38% degli intervistati), si farà a meno dei prodotti premium (27%), l’acquisto delle marche avverrà solo se in promozione (22%), ci si orienterà sui marchi dei distributori (14%) e per il 9% degli intervistati si arriverà anche a ridurre le quantità a favore della qualità. La propensione al risparmio, in ogni caso, non intaccherà l’attenzione dell’italiano verso la qualità di ciò che porta a tavola: il 70% degli intervistati non rinuncerebbe mai al prodotto 100% italiano, mentre quasi uno su due non farebbe a meno dei prodotti con bollino Dop e Igp, da agricoltura sostenibile o a marchio bio.
I driver di scelta cambiano a seconda della referenza
Il prodotto brandizzato è importante nella scelta di pasta (29%), surgelati (27%), passate (24%) e latte (20%), mentre per carne, frutta, verdura, uova, olio Evo è l’origine delle materie prime il primo driver di scelta per una percentuale di consumatori compresa tra il 66% e il 58 per cento.
Se si parla di qualità organolettiche del prodotto, invece, al primo posto si trova il pane con il 44%, il vino con il 37%, i formaggi con il 37% e la frutta di stagione con il 31 per cento.
Infine, l’elasticità della domanda di fronte all’aumento dei prezzi. Dalle risposte si evince che, malgrado l’aumento dei prezzi, si continuerà a comprare nella stessa quantità il pane, il latte e l’olio Evo (tutti al 35%). I consumatori non rinunceranno alle uova e alla frutta fresca (33%) mentre il 22% resta intenzionato ad acquistare le stesse quantità di pesce. Ma se l’aumento del prezzo è contenuto entro il 3% non si cambiano le abitudini nemmeno per il vino (47%), surgelati (45%) e passate (41%).