21 giugno 2019

Mandorle, dolci per mutazione genetica

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C’erano una volta le mandorle selvatiche, amare e tossiche per l’organismo. Poi, grazie a una mutazione genetica avvenuta naturalmente, esse sono diventate anche dolci e commestibili. Questo, in estrema sintesi, è quanto spiega la rivista “Science”, che ha pubblicato la mappa del dna della mandorla, a seguito di una ricerca condotta da Raquel Sanchez-Perez, dell'università di Copenahgen, e da Stefano Pavan, dell'università di Bari. Allo studio hanno contribuito anche l'Università di Foggia e il Centro di edologia e biologia applicata di Murcia.

“Tutte le mandorle selvatiche sono amare e tossiche per via di un composto, l'amigdalina, che con l'ingestione rilascia cianuro. Basta quindi mangiarne poche per rischiare la vita”, ha spiegato all'Ansa Stefano Pavan, uno dei ricercatori, nonché docente dell'università di Bari. “La domesticazione del mandorlo, e quindi la sua coltivazione da parte dell'uomo, è stata possibile grazie ad una mutazione avvenuta nel Dna di questo albero, che ha reso i suoi frutti dolci”.

“Noi abbiamo identificato questo cambiamento avvenuto in un suo particolare gene e in una proteina, che di fatto ha impedito la produzione di amigdalina. L'uomo ha selezionato questa mutazione favorevole che ha permesso la coltivazione della pianta, altrimenti impossibile”, ha continuato Pavan.

Su il quando e il dove sia avvenuta questa mutazione, non c'è accordo tra i ricercatori. Alcuni fanno risalire la domesticazione del mandorlo al 3000 a.C., mentre altri al 10.000 a.C., periodo a cui risalgono i resti fossili di alcune mandorle, che però non si sa se fossero dolci o amare. Anche sul luogo da cui sia partita la coltivazione non c'è accordo: per alcuni è l'Asia centrale, per altri è invece la mezzaluna fertile, cioè la zona compresa tra i fiumi Tigri ed Eufrate. “Il dato sicuro – ha concluso Pavan – è che il mandorlo è una delle specie arboree più antiche ad essere state addomesticate dall'uomo”.

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