La noce del Brasile? Sì, ma solo attraverso un sistema di produzione sostenibile. Questa, in sintesi, è la sentenza espressa la scorsa settimana dalla Corte d’Assise del Tribunale penale di Bergamo, per la quale è stato istruito un vero e proprio processo, con tanto di accusa e difesa, per iniziativa dell’organizzazione umanitaria Cesvi e di Slow Food, col patrocinio di Comune di Bergamo, Provincia di Bergamo, Expo 2015 e il contributo del Comune di Milano. Così recita infatti la sentenza: “Nel nome del popolo goloso e sapiente il tribunale ha valutato l’incapacità dell’imputata di intraprendere la scelta della sostenibilità ambientale, culturale ed economica…L’imputata ha mostrato una assidua reiterazione di numerose condotte arrecanti danno a persone e cose con devastazione e abuso di ambienti e risorse naturali. Per questi motivi (la Corte) dichiara l’imputata colpevole quanto ai capi 2 (sottrazione di beni e terreni perpetrando un grande danno all’ambiente) e 3 (delitto di devastazione ambientale) e, concesse le attenuanti generiche, condanna l’uomo “dominus” dell’ambiente e affida la noce amazzonica ai servizi sociali per il suo recupero ad una vita sociale corretta con l’eliminazione delle sue predisposizioni allo sfruttamento in modo che possa imboccare la via della sostenibilità. Condanna altresì la suddetta a trascorre la vita nella colonia penale dell’area forestale di competenza con obbligo per i poteri costituiti di creazione di aree agricole all’interno dei villaggi dei raccoglitori che consentano l’autosussistenza della comunità e la possibilità di far conoscere a tutto il mondo le sue indubbie potenzialità organolettiche, gustative e salutistiche…”.
22 ottobre 2012
Noce del Brasile “condannata” alla sostenibilità
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